A rischio la riforma «energivori»
- di Carmine Fotina
A sorpresa torna a rischio la riforma delle agevolazioni alle imprese a forte consumo di energia elettrica. Contro le previsioni della vigilia, la legge europea, che contiene il riordino, ieri è stata modificata dall’Aula del Senato dove si concludeva la seconda lettura. A questo punto è necessario un ritorno alla Camera per il terzo esame, con tempi ora incerti. Una volta chiuso anche quest’ulteriore passaggio la riforma, molto attesa dall’industria manifatturiera e conseguente una decisione della Commissione Ue del 23 maggio 2017, avrà bisogno di un decreto attuativo del ministero dello Sviluppo economico, sentita l’Authority per l’energia. Per questo ci sono margini strettissimi per tagliare il traguardo previsto, ovvero l’entrata in vigore delle nuove agevolazioni il 1° gennaio 2018, quando scatterà anche la riforma degli oneri generali per i clienti non domestici cui il nuovo regime è strettamente collegato.
A rischio ora anche le norme che avrebbero chiuso alcune procedure di infrazione europee e casi di precontenzioso Eu-Pilot. A provocare l’inatteso caos sono stati due emendamenti relativi ai prodotti lattiero caseari e alle autorità di bacino idrografico sui quali governo e maggioranza sono stati battuti, anche con il voto dei bersaniani di Mdp. È stato approvato invece senza ulteriori modifiche l’articolo 19 sugli «energivori», introdotto durante lo scorso luglio nel corso della prima lettura alla Camera, e per la verità di portata e impatto inferiori rispetto alle intenzioni iniziali del governo.
La nuova disciplina prevede l’utilizzo dell’applicazione della clausola europea sul valore aggiunto lordo (Val) per le imprese che hanno un costo dell’energia pari ad almeno il 20% dello stesso Val. Queste aziende potranno ridurre il proprio contributo per le rinnovabili, pagato in bolletta, fino allo 0,4% del Val. In pratica l’onere sarà solo funzione del risultato aziendale, fatta salva la contribuzione minima richiesta dalla Ue. Per le altre imprese energivore saranno invece mantenute classi di agevolazione basate sull’intensità energetica della produzione (costo energia elettrica/fatturato).
Come detto, il nuovo sistema di agevolazioni è strettamente correlato all’abbandono (in quanto incompatibile con le regole europee sugli aiuti di Stato) della struttura degressiva della tariffa (“più consumi meno paghi”). In assenza del riordino, la sola abolizione della “degressività” sarebbe secondo i tecnici del governo un colpo pesante per le grandi industrie. Ilva ma non solo: Alcoa, Ast Terni, Arvedi, Isab, Sarlux, Portovesme, Solvay, StMicroelectronics, Bertoli Safau sono solo alcuni esempi di impianti che pagherebbero il mancato “scudo” con incrementi in alcuni casi fino a 50 milioni l’anno.
Le relazioni ministeriali e della Camera hanno fornito anche le prime stime sull’impatto complessivo della riforma. L’attuale sistema di agevolazioni vale circa 1 miliardo. Il nuovo regime, secondo l’Authority, potrebbbe invece pesare per circa 1,4 miliardi. C’è dunque un delta di 400 milioni annui che verrebbero spalmati su tipologie diverse di utenti(famiglie e in parte Pmi non energivore).
L’impatto e gli effetti redistributivi, secondo il governo, saranno comunque contenuti considerando che il montante degli oneri generali di sistema è previsto in complessiva riduzione. Ad ogni modo per le famiglie l’impatto stimato è di circa 9 euro/anno addizionali pari all’1,9% della bolletta annua totale tasse incluse per cliente tipo. Più complesso il discorso per le Pmi: prevista una diminuzione degli oneri per quelle alimentate in bassa tensione, con buon utilizzo della potenza impegnata, e un aumento invece per le medie imprese non energivore connesse in media tensione.
Va ricordato però che la Camera ha approvato una norma di salvaguardia che destina automaticamente alla riduzione delle tariffe elettriche degli utenti non «energivori» almeno il 50% delle risorse derivanti dalle riduzioni per il 2017-2019 della componente tariffaria A3 relativa alla promozione delle rinnovabili.