La Cassazione boccia l’inceneritore
Inquinamento e ricadute sulla salute dei cittadini: la Suprema corte dà ragione agli ambientalisti e ai Comuni di Paola Villani
31 dicembre 2017
FOLLONICA. «Alto livello di esposizione ad agenti inquinanti della popolazione coinvolta», e ancora: «Mancano indagini approfondite sullo stato di salute della cittadinanza e sulle condizioni dei corpi idrici presenti nell’area dell’inceneritore».
La Cassazione rigetta il ricorso della Scarlino Energia, confermando punto per punto la sentenza del 20 gennaio 2015 del Consiglio di Stato, che aveva annullato le autorizzazioni rilasciate all’inceneritore dalla Provincia di Grosseto nel 2012. Arriva alla fine del 2017 l’ennesima conferma che le tesi portate avanti dai comitati ambientalisti e, negli ultimi anni anche dai Comuni di Follonica e Scarlino, sono corrette. Gli atti che hanno fatto partire l’attività della Scarlino Energia non hanno tenuto conto dell’impatto che l’impianto ha sul territorio circostante e soprattutto sulla salute di chi vive nelle zone vicine.
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Un territorio che, come ribadiscono dall’inizio della vicenda i comitati (Comitato per il No all’inceneritore, Forum ambientalista e Wwf), è già «gravemente compromesso dall’inquinamento da arsenico, inquinamento presente nei terreni e nelle falde acquifere». E così venerdì 29 dicembre anche il terzo grado di giudizio, la Cassazione, ha confermato quell’errore di fondo, respingendo il ricorso promosso dalla Scarlino Energia, atto fondato più che altro su un difetto di giurisdizione, cioè sul fatto che il Consiglio di Stato si sia espresso su argomenti che dovevano essere trattati invece dal Tribunale superiore delle acque pubbliche, in ragione della circostanza che il provvedimento impugnato prevede lo scarico delle acque di impianto nel canale Solmine.
Un cavillo burocratico che però la Cassazione ha ritenuto infondato. «Deve inoltre rilevarsi, come ha esattamente osservato il giudice, che nella fattispecie si discute di un’autorizzazione integrata ambientale, che sostituisce ad ogni effetto, tra le altre, l’autorizzazione allo scarico – si legge nella sentenza – L’autorizzazione è definita integrata perché con essa si è passati da autorizzazioni di tipo settoriale ad un controllo complessivo, con il quale nelle relative valutazioni tecniche sono considerati congiuntamente i diversi danni sull’ambiente causati dall’attività da autorizzare». Secondo la Scarlino Energia poi «il giudice di appello avrebbe ecceduto dai limiti del suo potere per invasione nella sfera riservata alla discrezionalità tecnica e amministrativa». In pratica lamenta che il Consiglio di Stato nella sua sentenza abbia sostituito le sue valutazioni di rischio a quelle degli organi tecnici sanitari e ambientali.
Il motivo del ricorso anche in questo caso è infondato. Il giudice amministrativo secondo la Corte Suprema ha attribuito valore al fatto che lo stato di salute delle popolazioni coinvolte e le condizioni dei corpi idrici presenti nell’area interessata dallo stabilimento, non siano state convenientemente disaminate e considerate. «In particolare – si legge nella sentenza della Cassazione – ha osservato che in base agli atti acquisiti risultava un consistente livello di esposizione ad agenti inquinanti (diossine e altri) della popolazione coinvolta dall’impianto, livello che non è stato valutato e considerato adeguatamente in sede di rilascio dell’Aia, laddove sarebbe stata necessaria una specifica attività istruttoria, in ordine agli agenti inquinanti già presenti e alla potenziale incidenza che su di essi si sarebbe potuta riscontrare a seguito dello svolgimento dell’attività. È mancato anche, al fine di garantire le primarie esigenze di tutela della salute, un puntuale studio epidemiologico che non può fondarsi su tesi delle attuali parti processuali e sugli incompleti dati istruttori ad oggi disponibili. Anche l’istruttoria sul canale Solmine è inadeguata. È evidente che da quanto esposto il giudice non ha compiuto alcuna diretta e concreta valutazione dell’opportunità e della convenienza del provvedimento, ma si è limitato a verificare la legittimità dell’atto sotto il profilo dell’adeguatezza, tenendo conto degli interessi coinvolti, primo tra tutti la tutela della salute pubblica». Le spese processuali, liquidate in 6.700 euro, sono a carico della Scarlino Energia.