Effetti sulla salute umana degli impianti di incenerimento di rifiuti
Effetti sulla salute umana degli impianti di incenerimento di rifiuti:
cosa emerge dallo studio di Forlì
A cura della d.ssa Patrizia Gentilizi, oncologa, Associazione del Medici per l’Ambiente, I.S.D.E. Italia
Abstract
Nelle popolazioni esposte alle emissioni di inquinanti provenienti da inceneritori sono stati segnalati numerosi effetti avversi sulla salute sia neoplastici che non. Fra questi ultimi si annoverano: incremento dei nati femmine e parti gemellari, incremento di malformazioni congenite, ipofunzione tiroidea, diabete, ischemie, problemi comportamentali, patologie polmonari croniche aspecifiche, bronchiti, allergie, disturbi nell’ infanzia.
Ancor più numerose e statisticamente significative sono le evidenze per quanto riguarda il cancro: segnalati aumenti di: cancro al fegato, laringe, stomaco, colon-retto, vescica, rene, mammella. Particolarmente significativa risulta l’ associazione per cancro al polmone, linfomi non Hodgkin, neoplasie infantili e soprattutto sarcomi, patologia “sentinella” dell’ inquinamento da inceneritori. Studi condotti in Francia ed in Italia hanno evidenziato inoltre conseguenze particolarmente rilevanti nel sesso femminile. I rischi per salute sopra riportati sono assolutamente ingiustificati in quanto esistono tecniche di gestione dei rifiuti, alternative all’ incenerimento, già ampiamente sperimentate e prive di effetti nocivi.
Premessa
Gli impianti di incenerimento rientrano fra le industrie insalubri di classe I in base all’articolo 216 del testo unico delle Leggi sanitarie (G.U. n. 220 del 20/09/1994 , s.o.n.129) e qualunque sia la tipologia adottata (a griglia, a letto fluido, a tamburo rotante) e qualunque sia il materiale destinato alla combustione (rifiuti urbani, tossici, ospedalieri, industriali, ecc) danno origine a diverse migliaia di sostanze inquinanti, di cui solo il 10-20% è conosciuto. La formazione di tali inquinanti dipende, oltre che dal materiale combusto, dalla mescolanza assolutamente casuale delle sostanze nei forni, dalle temperature di combustione e soprattutto dalle variazioni delle temperature stesse che si realizzano nei diversi comparti degli impianti, come è stato descritto anche recentemente (1). Fra gli inquinanti emessi dagli inceneritori possiamo distinguere le seguenti grandi categorie: Particolato – inalabile (PM10), fine (PM2.5) ed ultrafine ( inferiore a 0.1 micron) – metalli pesanti, diossine, composti organici volatili, ossidi di azoto ed ozono. Si tratta in molti casi di sostanze estremamente tossiche, persistenti, bioaccumulabili; in particolare si riscontrano: Arsenico, Berillio, Cadmio, Cromo, Nichel, Benzene,Piombo, Diossine, Dibenzofurani, Policlorobifenili, Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) ecc. Le conseguenze che ciascuno di essi, a dosi anche estremamente basse, esercita sulla salute umana sono documentate da una vastissima letteratura e nuovi effetti sono stati descritti recentemente per molti di essi (2-3-4-5-6-7). Tali effetti possono essere diversi e più gravi in relazione alla predisposizione individuale e alle varie fasi della vita e sono soprattutto pericolosi per gli organismi in accrescimento, i feti e i neonati (8-9). Metalli pesanti e diossine rappresentano le due categorie più note e studiate di inquinamento prodotto da inceneritori, anche se un recente articolo (10) richiama l’ attenzione anche sulla pericolosità del particolato ultra fine che si origina dagli inceneritori. I metalli pesanti sono considerati un “tracciante” specifico dell’inquinamento di tali impianti (11): anche il recente studio “ Patos” (12) della regione Toscana – che ha raccolto e tipizzato il particolato atmosferico di diverse centraline dislocate nel territorio – attribuisce la maggior variabilità di metalli pesanti riscontrata a Montale, territorio rurale, proprio alla presenza di un impianto di incenerimento per varie tipologie di rifiuti. Arsenico, Berillio, Cadmio, Cromo, Nickel, sono cancerogeni certi (IARC 1) per polmone, vescica, rene, colon, prostata; Mercurio e Piombo sono classificati con minor evidenza dalla IARC (livello 2B) ed esplicano danni soprattutto a livello neurologico e cerebrale, con difficoltà dell’apprendimento, riduzione del quoziente intellettivo (QI), iperattività (13-14). Si calcola che ogni anno nascano negli U.S.A. da 316.000 a 637.000 bambini con un livello di mercurio nel sangue ombelicale superiore a 5,8 mcg/litro, livello che determina diminuzione significativa del Quoziente Intellettivo (Q.I.); la perdita di produttività negli U.S.A. conseguente all’aumento di popolazione con minor Q.I. è calcolato in 8,7 miliardi di $ (15). Per il Piombo si è calcolato che nel 1997 il costo per i danni sui bambini sia ammontato a ben 43.4 miliardi di dollari (16)! Per quanto riguarda le diossine gli inceneritori risultano essere la II fonte di emissione di diossine in Europa, dopo le acciaierie (17) ed una recente revisione (18) ne ha ribadito il ruolo. Le diossine, la cui tossicità si misura in picogrammi (miliardesimi di milligrammo), sono liposolubili e persistenti (tempi di dimezzamento 7-10 anni nel tessuto adiposo, da 25 a 100 anni sotto il suolo), vengono assunte per il 95% tramite la catena alimentare in quanto si accumulano in cibi quali carne, pesce, latte, latticini, compreso il latte materno, che rappresenta il veicolo in cui esse maggiormente si concentrano. La più tristemente nota è la TCDD (2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-dioxin) (tetraclorodibenzodiossina) che, a 20 anni dal disastro di Seveso, è stata riconosciuta nel 1997 dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) a livello I, ossia come cancerogeno certo per l’uomo ed il cui ruolo è stato anche di recente rivisitato (19). Del tutto recentemente, inoltre è stato individuato e descritto un altro possibile meccanismo di azione di queste sostanze: la formazione di enzimi atipici che interferiscono con i fisiologici meccanismi di degradazione delle proteine (20).
Le diossine, esplicano complessi effetti sulla salute umana in quanto sono in grado di legarsi ad uno specifico recettore nucleare – AhR – presente sia nell’uomo che negli animali, con funzione di fattore di trascrizione. Una volta avvenuto il legame fra TCDD e recettore con la formazione del complesso ARNT/HIF-1B, la trascrizione di numerosi geni – in particolare P4501A1 – viene alterata sia in senso di soppressione che di attivazione, con conseguente turbamento di molteplici funzioni cellulari, in particolare dell’apparato endocrino (diabete, disfunzioni tiroidee), dell’apparato riproduttivo (endometriosi, infertilità, disordini alla pubertà), del sistema immunitario e, soprattutto, con effetti oncogeni, con insorgenza soprattutto di linfomi, sarcomi, tumori dell’apparato digerente, tumori del fegato e delle vie biliari, tumori polmonari, tumori della tiroide, tumori ormono correlati quali cancro alla mammella ed alla prostata (21)
Dati di letteratura
Gli inquinanti emessi dagli inceneritori esplicano i loro effetti nocivi sulla salute delle popolazioni residenti in prossimità degli impianti o perché vengono inalati, o per contatto cutaneo, o perché, ricadendo, inquinano il territorio e quindi i prodotti dell’agricoltura e della zootecnia. Questo è il caso in particolare delle diossine. Non a caso, il Decreto Legislativo 228 del 18/05/2000 stabilisce che non sono idonee ad ospitare inceneritori le zone agricole caratterizzate per qualità e tipicità dei prodotti. In diversi paesi europei ( Olanda, Spagna, Belgio, Francia) sono state segnalate contaminazioni da diossine, specie di latte e suoi derivati, in aziende agricole poste in prossimità di tali impianti. Non va dimenticato inoltre che gli alimenti eventualmente contaminati possono essere distribuiti e consumati altrove, per cui la popolazione esposta può essere ovviamente molto più numerosa. La stima dell’esposizione di fondo (TCDD e similari) nei paesi dell’Unione Europea è compresa fra 1,2-3.0 pg/WHO TEQ/kg pro capite; tali limiti sono già ampiamenti superati in diverse realtà e, se pensiamo che l’UE raccomanda come dose massima tollerabile 2pg/TEQ/kg.day, è ovvio che qualsivoglia ulteriore esposizione porterebbe facilmente a superare ciò che la stessa Unione Europea raccomanda!
La letteratura medica segnala circa un centinaio di lavori scientifici a testimonianza dell’interesse che l’argomento riveste. Fra questi, diverse decine sono costituiti da studi epidemiologici condotti per indagare lo stato di salute delle popolazioni residenti intorno a tali impianti e/o dei lavoratori addetti e, nonostante le diverse metodologie di studio applicate ed i numerosi fattori di confondimento, sono segnalati numerosi effetti avversi sulla salute, sia neoplastici che non. Prima di esporre i dati a nostro avviso più eclatanti, appare comunque opportuno ricordare come anche di recente (22) sia stato ribadito quanto pesantemente gli interessi economici influenzino la salute pubblica e come errori negli studi epidemiologici, sia nella selezione dei casi come dei controlli, possano sottostimare le conseguenze sulla salute. Di recente questo è stato ribadito per i rischi occupazionali (23), ma non si vede perché ciò non possa anche essere vero in epidemiologia ambientale, in cui le variabili in gioco sono ancora maggiori. Gli effetti non neoplastici più segnalati sono ascrivibili soprattutto agli effetti di diossine (e più in generale degli endocrin disruptor) ed all’emissione di particolato e ossidi di azoto. Sono stati descritti: alterazione nel metabolismo degli estrogeni (24), incremento dei nati femmine e parti gemellari (25-26), incremento di malformazioni congenite (27-28), ipofunzione tiroidea, disturbi nella pubertà (29), ed anche diabete, patologie cerebrovascolari, ischemiche cardiache, problemi comportamentali, tosse persistente, bronchiti, allergie. Un ampio studio (30) condotto in Giappone ha analizzato lo stato di salute di 450.807 bambini da 6 a 12 anni della prefettura di Osaka – ove sono attivi 37 impianti di incenerimento per rifiuti solidi urbani (RSU) – ed ha evidenziato una relazione statisticamente significativa fra vicinanza della scuola all’impianto di incenerimento e sintomi quali: difficoltà di respiro, mal di testa, disturbi di stomaco, stanchezza
Ancor più numerose e statisticamente significative sono comunque le evidenze emerse per quanto il cancro e più che analizzare i singoli studi sembra più utile riportare quanto segue:
la revisione di 46 studi, selezionati in quanto condotti con particolare rigore, (31) evidenzia un incremento statisticamente significativo nei 2/3 degli studi che hanno analizzato incidenza, prevalenza, mortalità per cancro (in particolare cancro al polmone, linfomi Non Hodgkin, sarcomi, neoplasie infantili). Segnalati anche aumenti di cancro al fegato, laringe, stomaco, colon-retto, vescica, rene, mammella.
L’indagine francese “Etude d’incidence des cancers à proximité des usines d’incenèration d’ordures ménagerer” dell’Invs. Departement Santè Environnement 2006 (32) ha esaminato 135.567 casi di cancro insorti negli anni 1990-99 su 25.000.000 persone/anno residenti in prossimità di inceneritori. In questo studio è stato considerato come indicatore l’esposizione alle diossine e passando dal minor al maggior grado di esposizione si registra un aumento statisticamente significativo (p<0.05) di rischio per: tutti i cancri nelle donne dal +2.8% al +4%, cancro alla mammella dal +4.8% al +6.9%, linfomi dal +1.9% al +8.4, tumori al fegato dal +6.8% al +9.7%; per i sarcomi il rischio passa dal +9.1% al +13% (p=0.1).
Le neoplasie che più appaiono correlate all’esposizione ad inquinanti emessi da inceneritori sono i linfomi non Hodgkin (LNH), i tumori polmonari, le neoplasie infantili ed i sarcomi; i dati a questo riguardo saranno pertanto analizzati più in dettaglio.
Linfomi Non Hodgkin
Si tratta di patologie di cui si è registrato un preoccupante aumento sia di incidenza che di mortalità nonostante i grandi progressi registrati dal punto di vista terapeutico. Il ruolo che inquinanti – peraltro normalmente presenti nelle emissioni degli inceneritori – hanno nella loro patogenesi è stato anche di recente ribadito ( 33)
Per quanto attiene i linfomi NH, alcuni degli studi più recenti che hanno evidenziato tale relazione sono:
lo studio condotto a Besancon (34) in cui è risultato un RR di incidenza di LNH pari a 2,3 nella popolazione residente in prossimità di impianto di incenerimento per rifiuti ed il cui impatto ambientale è stato anche di recente riconsiderato (35)
alcuni studi condotti in Toscana che hanno evidenziato eccessi di mortalità in conseguenza dell’inquinamento da diossine per la presenza di inceneritori (36- 37). Questi risultati sono poi stati confermati in un’analisi condotta su 25 comuni d’Italia ove sono attivi impianti di incenerimento: da essa emerge un eccesso di mortalità in media dell’8% nel sesso maschile (38). Nel comune di Forlì ad es., negli anni 1981-2001 si sono riscontrati 80 decessi invece dei 70 attesi .
Neoplasie polmonari
Per quanto attiene le neoplasie polmonari il rischio rappresentato dall’inquinamento ambientale è ormai fuori dubbio; esso risulta in particolare correlato all’esposizione a metalli pesanti ed al particolato ultrafine: per quest’ultimo si calcola che per ogni incremento di 10 microgrammi/m3 si abbia un incremento del 14% di mortalità per cancro al polmone (39-40). Per quanto attiene il Rischio Relativo di mortalità per neoplasie polmonari in persone residenti in prossimità di impianti o in personale addetto, esso è risultato variabile da 2 a 6.7 ( 41- 42).
Neoplasie Infantili
Le neoplasie infantili sono, fortunatamente, patologie relativamente rare, di cui tuttavia si sta registrando un costante aumento che non può non destare allarme: secondo i dati riportati su Lancet infatti i tumori infantili sono aumentati in Europa negli ultimi trenta anni di circa l’1.2% /per anno da 0 a 12 anni e dell’ 1.5% dai 12 ai 19 anni (43).
Numerosi fattori sono stati invocati per spiegare questi dati epidemiologici, non ultimo che si tratti di aumenti “fittizi”, legati alle migliori capacità diagnostiche della Medicina. Tali osservazioni sono state oggetto di vivaci disquisizioni scientifiche (44-45), ma, di fatto, l’aumento delle neoplasie infantili è un dato ormai universalmente riconosciuto ed attribuibile, verosimilmente, alla sempre maggior presenza nell’ambiente di agenti tossici ed inquinanti.
Gli studi epidemiologici condotti in Gran Bretagna dal Prof E.G. Knox sulle neoplasie infantili in quel paese sono, a questo riguardo, di particolare interesse; in prossimità di impianti di incenerimento segnalano un aumento di mortalità per neoplasie infantili con RR variabile da 2 a 2,2 ( 46-47-48). Del tutto recentemente questo ricercatore ha confermato (49) che le neoplasie insorte nell’infanzia sono correlate con esposizione a cancerogeni atmosferici noti quali quelli provenienti da combustioni industriali, Composti Organici Volatili (VOCs), composti esausti del petrolio e da altri agenti quali 1-3 butadiene, diossine e benzopirene. Il rischio è risultato statisticamente significativo per i bambini con indirizzo alla nascita entro 1 km dalla fonte di emissione.
Sarcomi dei Tessuti Molli
Da numerose segnalazioni proprio i sarcomi vengono ritenuti patologie “sentinella” del multiforme inquinamento prodotto da impianti di incenerimento e sono stati correlati in particolare all’esposizione a diossine. Fra questi ricordiamo l’indagine condotta a Besancòn (Francia) in prossimità di un impianto con emissione di elevati livelli di diossine, che ha riscontrato un aumento di rischio di incidenza di sarcomi del +44% (50) e lo studio condotto a Mantova, in prossimità di un inceneritore per rifiuti industriali che ha evidenziato un Odds Ratio, di incidenza di sarcoma dei tessuti molli nei residenti entro 2 km dall’ impianto pari a 31.4 (51)
Di grandissimo interesse risulta poi il recente studio (52) sui sarcomi in provincia di Venezia che ha dimostrato un rischio di sviluppare la malattia 3.3 volte più alto fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione ed ha evidenziato jnoltre come il massimo rischio sia correlato, in ordine decrescente, alle emissioni provenienti rispettivamente da rifiuti urbani, ospedalieri ed industriali.
Dati di Forlì: cosa risulta dallo studio Enhance Health
Del tutto recentemente (marzo 2007) è stato presentato a Forlì lo studio Enhance Health, reperibile sul web nel sito di un consigliere comunale (53). Si tratta di uno studio, finanziato dalla Comunità Europea, i cui obiettivi erano:
dare una visione globale del possibile impatto sulla salute in aree ove sono ubicati inceneritori attraverso studi pilota sintetizzare i risultati dei 3 studi pilota condotti nelle vicinanze di inceneritori in Ungheria, Italia, Polonia ( di quest’ultimo non vengono forniti dati in quanto l’ impianto non è ancora attivo)
fornire spunti valutativi per l’implementazione di un sistema di sorveglianza integrato (ambientale e sanitario) i cui elementi fondanti vengono individuati in: monitoraggio dello stato di salute con dati di mortalità e morbilità e monitoraggio dell’inquinamento dell’aria.
Nel Report finale sono disponibili i dati relativi alle indagini effettuate in Ungheria ed in Italia e in entrambe, a nostro avviso, non mancano elementi di preoccupazione. Purtroppo le metodologie usate nei due paesi sono state diverse e questo rende i risultati non confrontabili fra loro (in palese contraddizione con le premesse, che letteralmente recitano “il Partner Ungherese, il Partner Polacco, l’ARPA e l’AUSL per l’Italia, hanno condotto l’attività di sperimentazione assicurando la comparabilità dei risultati al fine di garantire la “trasferibilità” nonché correttezza scientifica del progetto”).
Ungheria: Dorog
Per quanto attiene l’ Ungheria, l’indagine è stata condotta a Dorog – ove è presente un inceneritore per rifiuti tossici che dal 1980 al 1996 ha trattato 30.000 ton/anno. E’ stato valutato lo stato di salute della popolazione residente entro 30 km dall’ impianto attraverso l’analisi di dati di mortalità e morbidità. Le analisi sono state condotte per anelli concentrici di 5 km rispetto all’impianto, aggiustate per sesso ed età sia per la mortalità che per la morbilità e confrontate con i dati nazionali.
Per quanto riguarda la mortalità sono state analizzate le seguenti cause:
Tutte le cause, tutti i tumori, cancro al polmone, leucemie, cancro al colon-retto, malattie cerebrovascolari, malattie respiratorie croniche, malattie ischemiche cardiache.
I risultati sono:
nel sesso maschile si registrano i seguenti aumenti statisticamente significativi di SMR (standardized mortality ratio): +38% per cancro al colon-retto, +65% per eventi cardiaci, +35% per eventi cerebro-vascolari, +42% per malattie polmonari croniche.
nel sesso femminile si registra un aumento statisticamente significativo di SMR del +49% per eventi cerebrovascolari.
Particolarmente significativa è anche la mortalità per patologie polmonari croniche in funzione della distanza, in cui è evidente il progressivo incremento fino a 15 km dall’ impianto.
Per quanto riguarda la morbilità infantile, in particolare, si registra un incremento di problemi delle alte e basse vie respiratorie, di bronchiti e polmoniti sia in funzione dei livelli di PM 10 che di monossido di carbonio.
Italia: Forlì
Ancor più interessanti sono tuttavia i dati che emergono dallo studio di Forli, ove sono attivi due impianti: uno per rifiuti ospedalieri ed uno per RSU. L’indagine è stata condotta con metodo Informativo Geografico (GIS) ed ha riguardato l’esposizione a metalli pesanti (stimata con un modello matematico) della popolazione residente per almeno 5 anni entro un’area di raggio di 3.5 km dagli impianti. Sono stati analizzati dati di mortalità (per tutte le cause e per singole cause, per tutti i tumori e per singole neoplasie), di incidenza per i tumori ed i ricoveri ospedalieri per singole cause. Il confronto è stato fatto prendendo come popolazione di riferimento quella esposta al minor livello stimato di ricaduta di metalli pesanti.
Per il sesso maschile non emergono differenze per quanto attiene la mortalità complessiva e la mortalità per tutti i tumori, ad eccezione del cancro a colon retto (come già a Dorog) e prostata, che presentano entrambi un RR statisticamente significativo pari a 2.07 nel terzo livello di esposizione. Si fa notare comunque che gli stessi estensori, nella Discussione dei Risultati, letteralmente affermano: “l’analisi dei ricoveri ospedalieri mostra un aumento nella frequenza di angina, BPCO e asma negli uomini residenti nell’area più vicina agli impianti”
Per il sesso femminile i risultati che emergono sono invece, a nostro avviso, particolarmente inquietanti. Si registrano infatti eccessi statisticamente significativi sia nella mortalità complessiva che nella mortalità per tumori. Nello specifico risulta nelle donne un aumento del rischio di morte per tutte le cause, correlato alla esposizione a metalli pesanti, tra il +7% e il +17%.
La mortalità per tutti tumori aumenta nella medesima popolazione in modo coerente con l’aumento dell’esposizione dal +17% al +54%. In particolare per il cancro del colon-retto il rischio è compreso tra il + 32% e il +147%, per lo stomaco tra il +75% e il +188%, per il cancro della mammella tra il + 10% ed il +116%.
Questa stima appare particolarmente drammatica perché si basa su un ampio numero di casi (358 decessi per cancro tra le donne esposte e 166 tra le “non” esposte) osservati solo nel periodo 1990-2003 e solo tra le donne residenti per almeno 5 anni nell’area inquinata.
Tali risultati potrebbero essere ancora di ancora maggior rilievo, qualora la popolazione di riferimento fosse realmente non esposta: infatti il livello minimo di esposizione preso come riferimento corrisponde ad una ricaduta stimata dei metalli pesanti compresa tra 0,61 e 1.9 ng/m3, valore certo non nullo né trascurabile.
Davvero singolari appaiono pertanto le conclusioni dell’indagine in cui letteralmente si afferma “lo studio epidemiologico dell’area di CF nell’analisi dell’intera coorte per livelli di esposizione ambientale potenzialmente attribuibili agli impianti di incenerimento (tracciante metalli pesanti) con aggiustamento per livello socio-economico della popolazione, non mostra eccessi di mortalità generale e di incidenza di tutti i tumori.” Aggregando insieme il sesso maschile (in cui non si registrano eccessi) ed il sesso femminile si ottiene una “diluizione” dei risultati emersi e una sottostima di quelle che sono le reali condizioni di salute della popolazione esaminata. Le nostre preoccupazioni sembrano tuttavia, almeno in parte, condivise dagli stessi estensori del Report che più oltre affermano: “Tuttavia, analizzando le singole cause, sono stati riscontrati alcuni eccessi di mortalità e incidenza da considerare con maggior attenzione. Infatti è stato riscontrato nelle donne un eccesso di mortalità per tumori dello stomaco, colon retto mammella e tutti i tumori”.
Per i sarcomi possono farsi analoghe considerazioni. Anche in questo caso emergono – a nostro avviso – dati inquietanti: sono infatti elencati nella tabella riassuntiva n° 6 ben 18 casi di sarcoma, di cui si perde in qualche modo traccia nelle tabelle generali, in cui sono disaggregati per sesso. Trattandosi di patologie rare, disaggregando per sesso si perde di significatività, con l’ effetto di togliere rilievo ad un dato altrimenti particolarmente significativo in quanto riferito a una patologia “sentinella” dell’inquinamento da inceneritori. Anche in questo caso, tuttavia, gli stessi estensori dello studio non possono fare a meno di annotare nella discussione (pag. 42) che “gli eccessi di mortalità per sarcoma dei tessuti molli sono degni di nota” affermando, a pag. 39, che, “si osserva un aumento statisticamente significativo della mortalità nel livello più elevato di metalli pesanti ( RR = 10.97, IC 95%=1.14-105.7, 3 casi) per la coorte di tutti i residenti”.
Conclusioni
L’impressione che rimane, dopo un’attenta lettura del Report di Enhance Health come di tanta altra letteratura (23), è che le informazioni che di volta in volta potrebbero apparire per lo meno inquietanti, vengano poi immediatamente smentite, attenuate o corrette con intento tranquillizzante: la finalità delle indagini condotte sembrerebbe pertanto non quella di evidenziare i rischi per la salute delle popolazioni esaminate, ma quella di non destare allarme. A nostro avviso, viceversa, i risultati che emergono dallo studio Enhance Health sono fortemente preoccupanti ed in linea con quanto riportato dalla letteratura precedentemente esaminata e soprattutto con l’indagine francese (32) che registra i maggiori danni alla salute proprio nel sesso femminile, che appare essere particolarmente vulnerabile e più sensibile all’ inquinamento ambientale.
Questi dati sono ancora più allarmanti se li si considera alla luce del contesto geografico del nostro territorio. La Romagna è situata nella Pianura Padana, area fra le più inquinate non solo d’Europa ma dell’intero pianeta: si consideri che il comunicato del 10 ottobre 2007 dell’ Agenzia Europea dell’ Ambiente ha stimato una perdita di speranza vita alla nascita variabile dai 9 ai 36 mesi per i livelli di PM 2.5 di origine antropica emesso nel 2000! Nella nostra regione si registra inoltre una delle più alte incidenze di cancro di tutto il paese (54).
Per quanto attiene il sesso maschile la Romagna è al 1° posto per incidenza di cancro nella nostra regione e al 4° posto in Italia dopo Friuli Venezia Giulia, Veneto e Varese. Dai dati del Registro Tumori della Romagna pubblicati e riferiti al quinquennio 1998-2002 risulta infatti una incidenza di 498,2 casi/anno per 100.000 abitanti nel sesso maschile (tutti i tumori escluso cute), contro una incidenza in Italia di 470,3 casi /anno per 100.000 abitanti. Sembra inoltre che da noi non si stia verificando il rallentamento generalmente segnalato nell’incidenza di cancro nel sesso maschile: l’aumento in percentuale nel nostro territorio è infatti del 6,14% rispetto al quinquennio precedente (1992-1997), contro un incremento medio in Italia dell’ 1,4%.
Per quanto riguarda il sesso femminile si registrano dati per certi versi ancora più preoccupanti: l’incidenza di cancro nelle donne è infatti in Emilia Romagna la più alta d’Italia: la Romagna è al 3° posto in Italia dopo Parma e Ferrara per incidenza di cancro nelle donne con 425,2 casi/anno per 100.000 donne (tutti i tumori escluso cute) vs una incidenza in Italia di 398,70 casi/anno e l’incremento percentuale che si è registrato rispetto al quinquennio precedente ( 1992-97) è del 10,50% vs una media in Italia del 4,79%.
I dati sopra esposti vengono spesso attribuiti al buon livello di assistenza sanitaria e di diagnosi precoce (certamente presente e di cui non possiamo che rallegrarci), ma ancora una volta sembra che non si voglia indagare su altre possibili cause, in primis l’assenza di efficaci interventi di Prevenzione Primaria che appaiono indifferibili dato l’elevatissimo grado di inquinamento che ci caratterizza.
Una buona occasione di fare Prevenzione Primaria è a nostro avviso quella di scegliere metodi di gestione dei rifiuti alternativi all’incenerimento, evitando di costruire impianti che emettono pericolosi inquinanti, tra cui anche sostanze classificate come cancerogeni certi per l’uomo. Sotto questo profilo appare moralmente inaccettabile continuare ad esporre le popolazione a rischi assolutamente evitabili.
Tutto quanto sopra ci rammenta e conferma l’amara verità di Irwin Bross: “quando ( ..il governo e la classe dirigente medica e scientifica…) dicono che qualcosa è sicuro e buono per te, ciò che questo significa veramente è che è sicuro o buono per loro. A loro non importa quello che succede a te (…) Se c’è qualcuno che proteggerà la tua vita e sicurezza, quel qualcuno non potrai essere che tu.”
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