Una favola moderna: l’uccellino che voleva nidificare (di Emilio Tampucci)

Vorremmo ricordare l’amico Emilio, che ci ha lasciati da poco, tramite questo suo scritto. Una delle tante splendide cose che Emilio ci ha donato in questi anni.

Era giunto, come tutti gli altri suoi compagni di volo, attraversando il mare. Era in Versilia. Aveva volato e volato, ma alla fine era giunto in una terra stupenda. Qui avrebbe costruito il suo nido e badato alla prole. Aveva già iniziato ad edificare la casa dei suoi piccoli quando un’averla, che stava su di un albero vicino, vedendolo cosi intento al suo lavoro gli disse: “Ma che fai? Qui non si può nidificare. C’è troppo chiasso, troppo traffico e c’è l’inceneritore del Pollino che ha già emesso diossina. È il caso che tu smammi!”
L’uccellino aveva le ali stanche, ma che poteva fare? Si guardò smarrito intorno e lontano lontano vide delle montagne. Erano montagne gigantesche; bianche di marmo. Che cosa avrebbe trovato al di là di esse? Si fece coraggio e si mise in volo. Un leggero refolo di vento lo aiutò a dirigersi verso le montagne e poi a scavalcarle. Com’era verde tutta la valle al di là dei monti! E quanta ricchezza d’acqua, di ruscelli, di pozze: c’erano anche le marmitte dei giganti! il nostro uccellino era contento. Aveva, qui, l’occasione di poter costruire finalmente il suo nido. Così credeva, ma si sbagliava. Una lucertola che se ne stava tranquilla su di un masso, a prendere il sole, allorché lo vide posarsi stanco sopra un ramo dell’albero vicino, si rivolse a lui dicendo: “Non sarai mica venuto qui per costruire il tuo nido? No, caro amico, qui non puoi! C’è troppo rumore e tanta, tanta polvere. Prima questo era un posto tranquillo, ma da quando la Fassa Bortolo ha deciso di grattare la montagna tutti gli animali che prima qui abitavano numerosi, se ne sono andati”.
L’uccellino si fece attento e riuscì a sentire il suono graffiante delle macchine escavatrici, il rumore rimbombante dei motori dei camion e notò una polvere sottile che si stava spargendo nell’aria. Non era questa l’aria giusta che sarebbe servita ai suoi piccoli. Spossato e deluso si rimise in volo in cerca d’una terra non ostile. Dopo poco si presentò alla sua vista un grosso paese nato vicino a due fiumi. Era Castelnuovo Garfagnana! Era giunto senza saperlo nella terra dell’Ariosto, uno scrittore famoso ehe aveva governato queste terre per qualche anno. Notò le case sparse in ogni dove, i terrazzamenti e tutto intorno pascoli e selve. Uno spettacolo bellissimo! Un esplodere di verde, allietato dalle grida festose dei bambini ignari. Qui avrebbe costruito il suo nido ed allevato, con amore, la sua prole. Era intento a cercare la forcella di un ramo idoneo a costruire il suo nido quando sentì una voce. Un vecchio merlo, che era lì nei pressi, gli disse: “Tu sei un uccello forestiero, vero? Mica ti sarà venuto in mente di nidificare qui? O te, lo sai oppure no, che qui c’è un inceneritore? Dicevano che doveva essere chiuso, invece brucia ancora, purtroppo, e diffonde tutto intorno i suoi malefici fumi”.
Il giorno stava cedendo, a poco a poco, il passo alla notte. Era quasi scuro, ma l’uccellino si rimise in volo. Era stanco, veramente stanco, le sue forze stavano venendo meno. Come il protettore di tutti gli uccellini di questo mondo volle, arrivò nei pressi di Molazzana. Si posò allora su di un albero frondoso di castagno. Un ghiro che se ne stava lì tutto intento a mangiare le castagne cadute per terra, vedendolo gli disse: “Vieni da lontano, vero? Tu non conosci questi posti, altrimenti non ti saresti posato proprio in questo luogo. Qui, e che tu lo sappia, c’è la discarica delle ceneri delle Selve Castellane”.
L’uccellino capi, ma non rispose. Era troppo stanco, troppo deluso, troppo disperato. Aveva voglia di piangere. Sì, anche gli uccellini sanno piangere quando incontrano solo difficoltà! Ma non si lasciò abbattere. Mise la sua testolina sotto un’ala e si addormentò sognando cieli sereni, pieni di azzurro, ricchi della luce e del calore del sole. Al mattino seguente riprese il volo. La valle del Serchio, che stava solcando con i suoi voli, da stretta si fece alla fine larga. Senza saperlo era giunto a Gallicano. Qui finalmente avrebbe nidificato! Povero illuso! Una vecchia cornacchia mezza spelacchiata lo informò che quella non era la terra che lui cercava. Qui c’è una fabbrica di bricchette e poi si vociferava anche della costruzione d’un ipotetico termogassificatore o termovalorizzatore. Una cosa strana, quest’ultima, asseriva la cornacchia, di cui nemmeno lei aveva capito bene il funzionamento e la pubblica funzione. Ma non era il caso di fidarsi e di stare tranquilli. Occorreva ancora una volta muoversi ed andare in cerca di nuove terre. Volò più innanzi e giunse a Fornaci di Barga. Vide in mezzo alle case un grande giardino ricco d’alberi fronzuti. Un posto ideale per costruire, un nido tra piante odorose di resina. Saltellava di ramo in ramo, alla ricerca di quello giusto, quando un pettirosso si avvicinò e gli disse: “Sei fuori strada se tu pensi di costruire un nido. Ma non lo sai che qui ci sono le ciminiere della Metalli Industriale? Li vedi oppure no i fumi? È il caso che tu cambi aria”.
Fu così che volando volando si diresse verso la cittadina termale di Bagni di Lucca. Qui, terra di riposo e di svago, tra ville antiche e dimore famose, avrebbe trovato la pace e la quiete che cercava. Ma un corvo appena vide il nostro uccellino lo rimbrottò dicendogli: “Non sarai mica venuto a nidificare qui? Non fare il bischero! Da tanto tempo qui si brucia il black liquor, uno scarto della lavorazione del legno e la gente, quasi da vent’anni, lotta contro i fumi e le polveri che escono dallo stabilimento. Non è aria per te. Cerca altrove l’aria che vuoi”.
Fu cosi che l’uccellino, sempre più preoccupato si rimise in volo. Dopo Borgo a Mozzano la valle si allargava. Sulla sinistra i paesi di Anchiano e Piaggione, a destra quelli di Diecimo Valdottavo. Avrebbe nidificato vicino alla chiesa di San Martino in Greppo, un posto bellissimo, ricco di storia e di fede religiosa. Ma un grillo, parlando saggiamente lo invitò ad essere più prudente: “Stai attento a fermarti proprio qui! C’è qualcuno che vuole costruirci un inceneritore per bruciare ogni anno 120.000 tonnellate di fanghi di cartiera, ovvero una fila di 6.000 camion da 20 tonnellate ciascuno. Un inceneritore che non farebbe certo rima con ambiente, ma con una parola che tutti abbiamo sempre nella mente”. L’uccellino, che aveva capito al volo, ringraziò l’amico grillo e decise di lasciare questa valle per sempre. Non era questa che cercava per sé e per i suoi piccoli.
Lui poté farlo, noi no.

Anonimo valligiano

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