Biomonitoraggio dei residenti vicino a un moderno inceneritore: il caso di Modena
Un metodo alternativo al classico studio sui tassi di mortalità e ricovero per controllare gli effetti dell’esposizione umana agli impianti di incenerimento è il cosiddetto “biomonitoraggio” dei residenti vicini a questo tipo di impianti; per capire di cosa si tratta esamineremo lo studio pubblicato nel 2013 sulla rivista scientifica Environment International fatto sull’inceneritore di Modena, un impianto moderno capace di trattare all’epoca circa 180.000 tons di rifiuti e poi successivamente ampliato con una capacità attuale di circa 240.000 tonnellate.
La ricerca è consistita nel misurare una serie di sostanze tossiche presenti nel sangue, plasma e urine di un campione di residenti nei pressi dell’impianto, definendo come popolazione esposta i residenti entro un raggio di 4 km dall’impianto e come non esposti un campione di residenti dai 4 ai 15 km dall’inceneritore; le sostanze prescelte (prevalentemente metalli e idrocarburi), definite come “bio-marcatori” sono state:
- Sangue: Piombo, Cadmio, Mercurio
- Plasma: Rame, Zinco
- Urine: Piombo, Cadmio, Rame, Zinco, Manganese, Nickel, alcuni Idrocarburi Policiclici Aromatici (PAH) e altri Idrocarburi Monoaromatici;
Un primo confronto è stato quindi fatto tra i residenti nell’area esposta e quella non esposta; tuttavia sono stati controllati anche altri due livelli di esposizione ovverosia la distanza dall’impianto e l’esposizione alle polveri sottili calcolata usando modelli di simulazione ad hoc; per entrambi questi due livelli i soggetti del campione sono stati classificati in categorie, 4 per la distanza dall’impianto e 5 per l’esposizione alle polveri sottili, misurata in nanogrammi per metro cubo; in totale sono state fatte analisi a 168 persone, delle quali erano disponibili anche informazioni riguardo il sesso, l’età l’educazione, l’indice di massa corporea e l’abitudine al fumo, tutti possibili confounding factors, ovvero fattori che tendono a influire sulla presenza dei biomarcatori di cui sopra:
L’analisi statistica è quindi consistita in primis nel confrontare i valori di biomarcatori del gruppo degli “esposti” con quello dei “non esposti” tramite rapporto dei valori mediani, testandone la significatività con test statistici non parametrici (Wilcoxon e Mann-Whitney) e parametrici ( t di Student), confronto che però per sua natura non poteva tenere conto dei diversi confounding factors; dopodiché si è invece usata la regressione multivariata tenendo conto anche di questi per capire se la quantità di biomarcatori dipendesse dall’appartenere al gruppo degli “esposti”, dalla distanza dall’impianto e dal diverso grado di esposizione alle PM da esso provenienti.
Per quanto riguarda il confronto dei valori mediani, i risultati sono quelli in tabella sotto:
Questa prima semplice analisi non evidenzia differenze significative nel contenuto di biomarcatori tra coloro che risiedono entro i 4 km dall’inceneritore e le persone che abitano tra i 4 e i 15 km; infatti i test statistici non evidenziano mai valori di significatività superiori al 5%, eccezion fatta per il caso del rame nel sangue che addirittura sembra statisticamente più elevato nei non esposti; questo significa dunque che l’inceneritore non ha effetti? Oppure questo test semplicemente non tenendo conto dei confounding factors e tagliando in maniera arbitraria gli esposti dai non esposti tramite un limite semplicistico di 4 km, non riesce a spiegare dettagliatamente il fenomeno? Va infatti considerato che la regione circolare con raggio di 4 km dall’impianto non tiene conto delle condizioni atmosferiche come la direzione dominante dei venti e altre che sono cruciali in questo tipo di analisi.
Le successive analisi di regressione sulla distanza e l’esposizione a polveri sottili ci dicono che in alcuni casi importanti è la seconda ipotesi quella giusta:
Nella regressione multivariata, le quantità di metalli e idrocarburi sono le variabili dipendenti mentre i diversi indici di esposizione sono le variabili indipendenti; il segno dei coefficienti della regressione è naturalmente atteso positivo per gli esposti vs i non esposti e per gli indici di esposizione a polveri (maggiore è l’esposizione maggiori ci si attendono essere le quantità di sostanze nei fluidi corporei) mentre è atteso negativo per la distanza dall’inceneritore (maggiore è la distanza, minori le quantità); inoltre vengono stimati due modelli, uno cosidetto “a priori” che comprende anche il controllo per età, sesso, indice di massa corporea, educazione, creatina nelle urine e abitudine al fumo e uno “a posteriori” che comprende specifici controlli per ciascun tipo di biomarcatore che potrebbero influenzarne la quantità (caratteristiche della dieta, traffico, protesi dentarie, ecc).
Considerando il primo modello (esposti vs non esposti) si inizia a vedere un’associazione positiva e statisticamente significativa per zinco e antracene sia nel modello a priori che a posteriori e anche per il rame ma solo nel modello a priori.
Considerando invece la distanza dall’impianto vengono trovate diverse correlazioni significative per cadmio, manganese, fenantrene, antracene e pirene sia nel modello a priori che a posteriori; correlazioni significative vengono trovate per rame, mercurio e fluorene anche se non in entrambi i modelli; infine, anche la regressione con l’indice di esposizione a polveri sottili conferma correlazioni significative per il manganese, il fluorene e il fenantrene.
La presenza del manganese ad alti livelli fra le polveri sottili generate da inceneritori è confermata anche da altre ricerche che riguardano le emissioni da inceneritori italiani (Buonanno et al, 2010) e anche nei suoli e nell’aria vicino a un inceneritore in Spagna (Rovira et al, 2010); dobbiamo ricordare che all’eccesso di manganese sono associate malattie del sistema nervoso centrale come il Morbo di Parkinson e dell’apparato respiratorio (embolie polmonari e bronchiti); per quanto riguarda invece gli idrocarburi policiclici aromatici come appunto il fenantrene, l’antracene e il pirene, sono notoriamente ritenuti cancerogeni.
Il caso dell’inceneritore di Modena è emblematico in quanto, come ci riporta la stampa locale, l’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla Provincia riconosceva gli inceneritori come impianti pericolosi e impattanti sulla salute e prevedeva come contrappeso un Piano di Teleriscaldamento della città da parte del gestore (Hera), in modo almeno da poter determinare lo spegnimento di migliaia di caldaie cittadine; tale piano, pur presentato nel 2009, rimane ad oggi lettera morta, e il vapore formato dalla combustione dei rifiuti viene usato dal gestore per produrre energia elettrica da rivendere poi sulla rete; in definitiva l’ennesimo caso di “privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite”.