REGIONE, CONFINDUSTRIA E SINDACATI: SI AL TERMOVALORIZZATORE?

Continua la grancassa mediatica a favore dell’incenerimento dei rifiuti industriali, soluzione di tutti i mali, se non fosse per il principio di conservazione della massa che dicono valga anche nel 2018, anche per gli inceneritori (pardon, termovalorizzatori, che chiamare le cose col loro vero nome potrebbe offendere i benpensanti).

Enrico Rossi, presidente della regione Toscana, quello che affermava fino a poco tempo fa che “nuovi termovalorizzatori non servono, sono costosissimi e potrebbero entrare in funzione solo tra 8/10 anni” oggi apre invece all’ipotesi opposta; afferma infatti che “la produttività del distretto lucchese della carta, ad esempio, aumenterebbe moltissimo, se si riuscisse a risolvere il nodo dello smaltimento con un termovalorizzatore di un’industria privata in grado di generare energia”; e quale sarà mai questo impianto? Non ci vuole molto a immaginarlo.

Ora al di là della coerenza (che sembra non albergare molto in Regione, vedi Remaschi), ci sarebbe da discutere su molti concetti, come quello di produttività, usato spesso a sproposito; davvero il distretto cartario lucchese con un fatturato di 4 miliardi di euro l’anno sarebbe messo in crisi dai 12 milioni di euro di costo per lo smaltimento del pulper, che comunque KME non smaltirebbe certamente gratis? E i loro problemi immediati sarebbero davvero risolti da un impianto che andrebbe a regime non prima di 3 anni dopo la concessione dell’autorizzazione?

Bisognerebbe poi domandarsi come mai la maggior parte di questi “termovalorizzatori”, benché comunque indesiderabili per tutto quanto abbiamo spiegato finora, anche all’estero siano per la gran parte pubblici e non privati; forse perché data la pericolosità delle loro emissioni sarebbe meglio non affidarli alla logica del profitto?

Ma niente, si va avanti e la Regione è “pronta a rilasciare tutti i permessi nel rispetto delle regole, delle leggi e ponendo come unica condizione il miglioramento del bilancio ambientale”: altro concetto, quello del miglioramento del bilancio ambientale, che ritroviamo nel progetto di KME e di cui scriveremo tra poco.

Urla di giubilo giungono ovviamente da Confindustria Toscana Nord per voce del direttore Marcello Gozzi, che demanda alla Regione il compito di trovare la zona per questo impianto; perché dice lui “le direttive comunitarie hanno come linea guida il fatto che lo smaltimento debba avvenire il più vicino possibile al luogo di produzione”; e pazienza se le linee guida comunitarie sull’economia circolare prevedono una gerarchia ben diversa per questi rifiuti, prime fra tutte la prevenzione e il riciclo tramite trattamenti a freddo, cose che ormai abbiamo ripetuto fino alla nausea.

Non ultimo giunge anche il comunicato delle RSU Uilm di KME, Em Moulds e cooperativa Fanin, che merita una attenta riflessione, almeno su due aspetti.

Quando si dice che “nessuno si è degnato di sentire i lavoratori attraverso i loro rappresentanti” non può certo riferirsi alla Libellula; il nostro invito a un incontro è stato mandato sia a UILM che a FIOM; dai primi abbiamo ricevuto non più di una risposta assai sprezzante da Saisi, mentre con i secondi l’incontro è già avvenuto con toni assolutamente cordiali e comprensivi, e pur nella distanza delle posizioni, ognuno ha potuto esprimere le proprie ragioni e i propri auspici.

Il punto è semmai un altro: essere contrari al gassificatore significa essere contro il lavoro? Perché se passa questo concetto ricordiamoci che si prende una via molto pericolosa: quella della contrapposizione tra salute e lavoro che speravamo aver lasciato a un lontano passato; accettando questo, ricordiamoci che non ci sarà limite a quello che potrà essere chiesto in futuro, da chiunque abbia interesse a farlo.

Dicono i rappresentanti UILM: “per quello che riguarda il progetto di piattaforma energetica ci affidiamo agli enti preposti e non potrebbe essere altrimenti; il nostro impegno è e sarà quello di verificare che quanto prospettato ed eventualmente autorizzato corrisponda a realtà, in caso contrario interverremo denunciandone le difformità”.

Ci chiediamo: è davvero solo questo il loro compito? C’è qualcuno nel sindacato che abbia letto questo progetto e si sia preso la briga di fare due conti? Dato che loro nella fabbrica ci vivono, corrisponde al concetto di “realtà” calcolare un impatto ambientale attuale della fabbrica con i forni Asarco e Properzi accesi e con una produzione fusoria di 252.000 tonnellate per poi dire che questo impatto si ridurrà del 36%? È questa la realtà che dovrà essere poi verificata? È questo il miglioramento del bilancio ambientale a cui si riferisce Rossi? Si sono lette la quantità e la qualità di inquinanti del gassificatore per cui si richiede l’autorizzazione in regime di normale funzionamento? Le si considera sul serio innocue o trascurabili? Ci si illude poi davvero che una volta partito un impianto dietro cui si muovono interessi così forti, si sia in grado di “denunciarne le difformità” e di farlo con risultati efficaci e tempestivi?

Personalmente crediamo che il dovere di un sindacato nel 2018 vada oltre quello di far preservare il posto di lavoro ai propri iscritti, costi quel che costi. Perché i lavoratori di KME sono persone come le altre e vivono anche fuori dalla fabbrica e con loro le loro famiglie. E ci vivono anche tutti gli altri lavoratori, e con loro le loro famiglie.

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