Piro o Non Piro? Questo è il dilemma…
Coi consueti toni per niente pacati e concilianti, KME torna a tuonare contro il nemico: questa volta il bersaglio è la mozione approvata in consiglio provinciale e presentata dal consigliere PD Nicola Boggi, con la quale si chiede la costituzione di un tavolo istituzionale tra enti locali, Regione Toscana e Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente per condividere un piano di rilancio dello stabilimento di Fornaci di Barga, che sia alternativo a quello proposto dalla stessa azienda e dunque che non preveda il tanto contestato pirogassificatore.
A parte i toni che caratterizzano questo come altri recenti articoli di KME, toni a cui la popolazione della nostra Valle non è abituata e che non rispecchiano la sua cultura – ma tant’è – ci sono nel recente comunicato dell’azienda alcune affermazioni che ci colpiscono nel contenuto.
Rivolgendosi ai proponenti della mozione, e al Partito Democratico in particolare, si dice “anticipateci alternative serie al nostro progetto e verremo ai vostri “tavoli aperti”. In poche parole gli enti locali dovrebbero risolvere i problemi di competitività di KME, proponendo soluzioni al (presunto) problema dei costi energetici; su una tale affermazione ci sono alcune riflessioni da fare.
KME è una multinazionale leader nel suo settore, con abbondante disponibilità di capitale, tecnologie e know how; ha bisogno davvero dell’aiuto della politica locale per risolvere un suo (presunto) problema tecnico? Qua non stiamo parlando di infrastrutture o di tasse ma di un aspetto meramente tecnico-aziendale, affrontato da tutte le aziende energivore. Affermare che non vi sono alternative alla soluzione proposta nel progetto di KME è assai bizzarro anche per un non addetto ai lavori: forse che le aziende metallurgiche hanno bisogno di inceneritori e pulper di cartiera? Non l’avevamo mai sentito dire. Si potrebbe invece dire, paradossalmente, che è proprio il progetto di KME a costituire un’alternativa rispetto alla normalità dato che al momento non ci risultano soluzioni simili adottate da nessuna azienda energivora al mondo.
Ma è poi così vero che la politica non ha fatto nulla anche per questo specifico problema? Come tutti sanno, a partire dal 2018 un decreto del Ministero dello Sviluppo ha concesso un fortissimo sconto sull’acquisto di energia elettrica da parte delle aziende energivore; il famoso sconto da due milioni ammesso anche da KME, e che a detta dello stesso AD Pinassi (marzo 2017) era proprio il gap competitivo che separava lo stabilimento di Fornaci da quelli tedeschi.
Per quanto riguarda le proposte di autoproduzione energetica, sappiamo che era stata comunque proposta la soluzione più comunemente adottata dalle aziende energivore, ovvero la produzione con turbina a metano e incentivi fiscali (i famosi certificati bianchi), ma che tale proposta è stata rifiutata. Pare infatti che il metano vada pagato, così come l’energia elettrica sulla rete, pur se fortemente scontati entrambi rispetto a quanto sono pagati dalle famiglie. Ma ci chiediamo: non è eccessivo, per un’azienda energivora, pretendere l’energia gratis e insieme un profitto al netto dei costi di esercizio del gassificatore di 3 o 4 milioni di euro l’anno? Fare business, infatti, vuol si dire mettere in conto ricavi, ma anche costi e questo non c’è certo bisogno di ricordarlo a una grande impresa come KME.
Si dice poi nel comunicato KME, sempre riferendosi ai vertici del PD locale, ai suoi rappresentanti nelle istituzioni locali e al loro atteggiamento che “con questo metodo si aprono tavoli e si chiudono aziende”: brutte parole queste ultime in particolare, che stonano parecchio con quanto avevamo letto nell’ultima intervista di Pinassi nella quale assicurava che “vogliamo riportare in attività gli attuali 65 esuberi, a prescindere dal nuovo progetto”; dal riassorbimento degli esuberi a parlare di chiusura, il passo ci pare troppo grande, non è questo che la Valle si aspetterebbe di sentire da un’azienda che è stata così centrale per la sua storia.
Vorremmo ricordare a KME che la politica potrebbe benissimo anche non aprire alcun tavolo di confronto e bocciare la sua proposta di progetto a prescindere (parola ormai diventata un tormentone…), non si capisce proprio da dove provenga questo atteggiamento che sa quasi di pretesa o di aspettativa rimasta frustrata.
La politica locale poi, secondo KME, dovrebbe “lasciar fare il loro lavoro agli enti preposti”, considerati da molti non si sa bene per quale motivo “infallibili” (quando la storia ci dice ben altro…) e dunque assistere passivamente al loro lavoro. È vero invece che le istituzioni locali rappresentano gli interessi della popolazione locale da cui sono state elette, di cui fanno parte e di cui devono difendere anche la salute per prescrizione di legge, come nel caso dei sindaci; la nostra concezione di politica e di partecipazione attiva a scelte di questa importanza è ben diversa e ben rappresentata dall’articolo che abbiamo già scritto a riguardo, con l’autorevole parere del dottor Bellonzi.
C’è infine nel comunicato stampa di KME un altro passaggio assai discutibile e cioè il fatto che il Ministero dello Sviluppo abbia “già espresso il suo parere favorevole al progetto di KME”. Sappiamo invece che l’accordo col MISE, datato 20 Agosto, è di molto precedente all’uscita del progetto (6 novembre), riguarda la proroga della Cassa Integrazione Straordinaria ed è molto generico facendo riferimento soltanto a una “piattaforma energetica Waste To Energy” senza entrare in particolari; chissà se il Ministro Di Maio e con lui il ministro dell’ambiente Costa, provenienti da una forza politica tanto avversa agli inceneritori, potrebbero mai approvare un progetto del genere ora che ne sono usciti i particolari? Ai posteri l’ardua sentenza.