C’è del marcio in Danimarca ! Economia circolare e paesi scandinavi, un matrimonio difficile

I paesi scandinavi vengono sempre presentati a noi italiani come modello di virtù ed esempio da seguire in molti campi; ad esempio, ancora oggi ricordiamo la bella lezione di lealtà sportiva che ci impartirono nel 2004; KME oggi ce li ripropone  come un modello di riferimento per il prospettato impianto di pirogassificazione,  per assicurare la migliore efficienza e sostenibilità ambientale; ma davvero i paesi scandinavi sono un punto di riferimento per quanto riguarda la gestione dei rifiuti nell’ottica dell’economia circolare?

Il documento della Commissione Europea di cui abbiamo già parlato sul ruolo del recupero energetico dei rifiuti nell’ambito dell’economia circolare (chiamiamolo WtE, Waste-To-Energy), nella sezione 3 cita un importante studio commissionato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente titolato “Assessment of waste incineration capacity and waste shipments in Europe” (scaricabile qui); si tratta di una dettagliata rassegna della capacità di incenerimento dei 28 paesi della UE più Svizzera e Norvegia, nonché dei flussi di importazioni e esportazioni tra gli stessi paesi di rifiuti destinati a incenerimento con o senza recupero energetico (rispettivamente codificati come R1 e D10); un’analisi attenta di questi dati porta a considerazioni davvero molto interessanti sulle “virtù” di economia circolare di questi paesi.

Come premessa è sempre bene tenere in mente ciò che viene spiegato nella sezione 2 del WtE: il recupero energetico dei rifiuti (cioè l’incenerimento) è all’ultimo posto della gerarchia, che vede come prioritaria la prevenzione, il riuso, il riciclo e i trattamenti a freddo come la digestione anaerobica; l’investimento in inceneritori deve essere fatto solo in casi limitati e ben giustificati, dove non c’è rischio di sovraccapacità e gli incentivi pubblici a livello nazionale per gli inceneritori devono quindi gradualmente essere cessati; chiarito questo andiamo a vedere i dati sulla capacità di incenerimento dei paesi Europei, con anno di riferimento il 2014.

La capacità totale di incenerimento della UE corrisponde a 81.3 milioni di tonnellate in crescita rispetto al 2010 di circa il 6%; se in termini assoluti la maggior capacità è posseduta da Germania e Francia, come era da aspettarsi dato che sono i due paesi membri più grandi, quando si va ad esaminare la capacità pro-capite il dato cambia in modo rilevante e sapete quali sono i paesi in testa? Si, esatto, avete indovinato: proprio i virtuosi scandinavi, con la Svezia in testa a 591 kg/persona seguita immediatamente dalla Danimarca (587), a seguire Olanda e Svizzera (452) e Norvegia (312).

Questo dato, pur già abbastanza indicativo, non basta ovviamente a sancire l’eccesso di capacità di incenerimento in un paese; potrebbe anche essere che tale paese produce anche molti rifiuti pro-capite; viene quindi fatto il rapporto tra produzione di rifiuti solidi urbani totale e capacità di incenerimento; un rapporto sotto l’unità indica appunto un eccesso di capacità di incenerimento; il paese che ha questo rapporto più basso è, guarda caso, ancora la Svezia con uno 0.74, che indica in pratica che la produzione interna di rifiuti non è sufficiente a “sfamare” l’intera capacità dei suoi inceneritori; rapporti comunque molto vicini all’unità valgono anche per i compari danesi (1.29) e norvegesi (1.36) che si fanno scavalcare solo dall’Olanda (1.16), anch’essa spesso indicata come faro di civiltà.

Ma non basta: i ricercatori ricalcolano questo parametro ipotizzando che venga raggiunto in tutti i paesi il 65% di tasso di riciclo che è poi l’obiettivo fissato per il 2030 dal Pacchetto sull’Economia Circolare della Commissione Europea del 2015; bene, in questa ipotesi, i paesi scandinavi risulterebbero avere una sovracapacità enorme con Svezia (0.26) Danimarca (0.45) e Norvegia (0.47) saldamente in testa anche qui, insieme alla fida Olanda (0.40); in questi paesi dunque se si raggiungesse questo obiettivo dovrebbero chiudere più della metà degli inceneritori, in Svezia addirittura i 3/4; indicatori di sovra capacità per la verità ci sono anche per molti altri paesi europei, come si può vedere dalla mappa di figura 7, anche se meno gravi di quelli dei paesi scandinavi.

In definitiva tutti i dati concordano sul fatto che i paesi scandinavi insieme all’Olanda hanno le più alte capacità di incenerimento in Europa e che “tali alti tassi di incenerimento sono incompatibili con più ambiziosi obiettivi di riciclo“, riprendendo le conclusioni del WtE nella sua sezione 3 dedicata proprio ai paesi con alti tassi di incenerimento; la sezione continua con le seguenti raccomandazioni: “Per risolvere questo problema dovrebbero essere intraprese alcune misure a livello nazionale….introdurre o aumentare le tasse sugli inceneritori, specialmente quelli a basso recupero energetico…eliminare eventuali incentivi all’incenerimento dei rifiuti dirigendo le risorse verso processi di grado più elevato nella gerarchia”; anche quando ci si rivolge ai paesi che hanno bassissime capacità di incenerimento, in prevalenza quelli del sud-est europa che ancora fanno quasi esclusivamente affidamento sulle discariche, la raccomandazione è quella di “affidarsi, nel caso di costruzione di nuovi inceneritori, alle tecnologie più efficienti e fare attenzione alla dimensione di questi impianti per evitare future sovra capacità e assicurare una fornitura di elettricità e teleriscaldamento/teleraffreddamento ai residenti locali dove possibile“; quest’ultima raccomandazione non viene fatta a caso, infatti si dice che l’alto tasso di incenerimento in alcuni paesi (e abbiamo visto quali) può essere almeno parzialmente spiegato dalla presenza dei famosi “heating networks” ovvero i distretti cittadini che forniscono il teleriscaldamento/teleraffreddamento e energia elettrica alle abitazioni dei residenti locali e agli uffici, modello che infatti è molto diffuso in Svezia e Danimarca, meno in Norvegia dove si ha una maggior sfruttamento dell’idroelettrico (una fonte di introduzione può essere il solito Wikipedia mentre per i più “nerd” consigliamo ad esempio questo o questo).

Diamo infine un ultimo sguardo ai dati riguardanti il commercio intra-europeo dei rifiuti destinati a incenerimento: anche questi dati confermano la vocazione “inceneritorista” dei paesi scandinavi; particolarmente interessante è la tabella del commercio bilaterale in Annex 9: la Svezia dichiara infatti di importare ben 470.769 tonnellate di rifiuti per incenerimento, circa l’ 8,5% della sua capacità totale di incenerimento e di esportarne solo 596; la Danimarca ne importa quasi 153.000 (quasi il 5% della sua capacità di incenerimento) e ne esporta 0 mentre la Norvegia non dichiara né importazioni né esportazioni; Svezia e Danimarca risultano da un’analisi incrociata i maggiori importatori netti, dato che Germania e Olanda importano si rispettivamente 335.778 e 294.176 tons, ma ne esportano anche quantità altrettanto rilevanti, mentre il maggior esportatore in termini assoluti risulta di gran lunga il Regno Unito; per concludere notiamo anche che la Danimarca oltre a essere un importatore netto di rifiuti, ne è anche di gran lunga il maggior produttore in UE con 759 kg pro capite  (vedere le statistiche qui ), in barba al primo pilastro della gerarchia dell’economia circolare.

In generale, sebbene il commercio di rifiuti in Europa sia ancora relativamente basso rispetto ai volumi totali prodotti (calcolati in 242 milioni di tonnellate), si nota come sia in rapido aumento negli ultimi anni, infatti nel 2013 le importazioni erano aumentate di 4 volte rispetto al 2008 e le esportazioni di 6 volte:

Questo aumento del commercio internazionale di rifiuti contraddice il cosidetto “Principio di prossimità” che prevede che lo smaltimento/recupero dei rifiuti debba avvenire nel luogo più vicino possibile a quello della loro produzione, ovviamente anche qui per ridurre al massimo l’impatto ambientale, anche in termini di trasporti; nello studio viene affermato che il principale driver che muove il commercio internazionale di rifiuti è proprio lo sbilanciamento tra la loro produzione e la capacità di riciclo e recupero nel mercato domestico; di conseguenza paesi con capacità di incenerimento così alte come quelli scandinavi sono dei poli di attrazione per questo commercio, come i dati sovra esposti del resto testimoniano.

In definitiva, prima di dare patentini di virtù a determinati paesi, sarebbe bene dare anche un’occhiata ai dati; forse aveva ragione lo shakesperiano Marcello che già nel XVI secolo aveva intuito che “C’è del marcio in Danimarca”.

 

 

 

 

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