LE RAGIONI DEL NO !
di lalibellula · Pubblicato · Aggiornato
Esponiamo di seguito i principali motivi della nostra preoccupazione riguardo all’eventualità della istallazione di un nuovo impianto di trattamento termico (incenerimento/pirogassificazione) di rifiuti (pulper e fanghi di cartiera) in Valle del Serchio. La nostra preoccupazione si basa su molti, fondamentali problemi che vengono trattati qui di seguito.
1. Linee guida della Comunità Europea sulla gestione dei rifiuti nelle aree montane
La Comunità Europea sconsiglia vivamente di posizionare impianti di incenerimento e assimilati, in aree montane dove vi siano spiccati effetti di inversione termica, come nella nostra valle.
Completo:
La conformazione orografica della Valle del Serchio la rende poco adatta per la locazione di grandi impianti di combustione, in quanto la dispersione dei fumi e degli inquinanti che questi contengono ne sarebbe impedita.
La valle, stretta e contorta, è fiancheggiata da rilievi montuosi importanti ed ininterrotti che favoriscono la compressione verso il basso dei venti in quota e non permettono la dispersione degli inquinanti. Inoltre, la valle è spesso oggetto di fenomeni di inversione termica che favoriscono il ristagno dell’aria e degli inquinanti che questa contiene nel fondovalle. Ciò accade prevalentemente nella stagione fredda.
La Comunità Europea ha pubblicato nel 2000 alcune linee guida riferite specificatamente alla gestione dei rifiuti nelle aree montane, esprimendosi negativamente riguardo all’incenerimento di questi. È significativa la prefazione che recita: “La guida non contiene ricette miracolose nè soluzioni completamente nuove, per il semplice fatto che per gestire rifiuti non possono esistere soluzioni miracolose (se non quelle relative alla minore produzione ed al minor consumo di beni materiali)”.(15)
Nel capitolo specifico dedicato all’incenerimento si legge: “L’incenerimento presenta numerosi inconvenienti, soprattutto ambientali, in quanto genera importanti impatti negativi sull’aria e sull’acqua, ma anche sul piano paesaggistico; tali impatti sono aggravati, nelle aree di montagna, dalle condizioni naturali (rilievo e inversione termica) e sono maggiormente subiti a causa della fragilità del territorio. L’incenerimento non esclude la necessità di uno stoccaggio definitivo, in questo caso di rifiuti pericolosi, più oneroso e con vincoli più restrittivi”.
E, poco dopo (pag. 52): “Il bilancio globale, da considerare direttamente sulla gestione locale dei rifiuti e indirettamente sulla resa energetica, è dunque negativo”.
Note:
(15)Guida per la gestione dei rifiuti in aree di montagna, Commissione Europea Direzione generale Ambiente, anno 2000.
Link: http://ec.europa.eu/environment/waste/publications/pdf/mountain_it.pdf
2. In Valle del Serchio si muore più che altrove
Secondo lo studio epidemiologico del Prof. Biggeri del 2011, nella nostra valle, dal 1971 al 2006 il tasso di mortalità ha superato la media regionale del 5% (uomini) e del 2-3% (donne). Secondo lo studio, nella nostra valle sono presenti varie sostanze inquinanti
(metalli pesanti, polveri fini, policlorobifenili e diossine). “Tutti questi tossici sono connessi nella letteratura tossicologica ed epidemiologica alle malattie per le quali si sono registrati degli eccessi nella popolazione residente.”(1)
Completo:La Valle del Serchio è già afflitta da tassi di mortalità notevolmente superiori alla media regionale. Il Prof. Annibale Biggeri dell’Università di Firenze ha realizzato nel 2011 per conto dell’amministrazione provinciale di Lucca uno studio(1) che conferma questo fatto per una serie di gravi patologie. Scrive il Prof. Biggeri: “Per la mortalità i dati ISTAT per i trentacinque anni dal 1971 al 2006 mostrano un eccesso stabilmente superiore al 5% di casi aggiuntivi rispetto alla media regionale negli uomini, e superiore al 2% nelle donne. Se ci restringiamo al periodo più recente, 2001-2006 si osserva un aumento del 4,5% negli uomini e del 3,9% nelle donne, per un totale di trentuno decessi in più all’anno, al netto del contributo dei fattori socioeconomici. Le cause di morte più importanti sono la malattia coronarica (ventisei decessi in più all’anno; uomini +20%; donne +34%), le malattie respiratorie croniche (sette decessi in più all’anno; uomini +22%; donne +32%), il tumore del polmone e della mammella nelle donne (tre decessi in pù all’anno, +32% ; e un decesso in più all’anno, +11%).
Utilizzando l’archivio delle schede di dimissione ospedaliera della regione per il periodo 2001- 2006, si documenta una prevalenza di ricoverati in eccesso rispetto alla media regionale per la malattia coronarica (53 ricoverati in più all’anno, uomini +17% e donne +22%); per le malattie respiratorie croniche (51 ricoverati in più all’anno, uomini +51%; donne +41%), per l’insufficienza renale (45 ricoverati in più all’anno, uomini +67%; donne +84%), per il tumore polmonare (11 ricoverati in più all’anno, uomini +16%; donne +42%), per i linfomi non Hodgkin (due ricoverati in più all’anno, +11%, +19%). Vi sono poche malattie che mostrano una minor frequenza rispetto alla media regionale. Si tratta della mortalità per tumore allo stomaco (uomini -27% e donne -12%) e al colon-retto (uomini -13% e donne -17%), cui si aggiunge una minor prevalenza di ricoverati per traumatismi e accidenti, sempre rispetto alla media regionale (uomini -6%, donne -19%).”
Benchè l’individuazione delle cause non rientri negli obiettivi dello studio, il Prof. Biggeri afferma: “Nella Valle del Serchio sono localizzate alcune attività industriali che sono state censite nell’inventario regionale delle emissioni. Le sostanze tossiche principali riguardano metalli pesanti e altri inquinanti come polveri fini, policlorobifenili e diossine. Tutti questi tossici sono connessi nella letteratura tossicologica ed epidemiologica alle malattie per le quali si sono registrati degli eccessi nella popolazione residente.
Le informazioni contenute nel rapporto indicano come:
- la Provincia di Lucca nel suo insieme sia una delle aree storicamente a più alta mortalità della Regione. È necessario definire un piano di intervento articolato e coordinato, salvaguardando però le specificità della Valle del Serchio rispetto al capoluogo e alla Versilia;
- fonti di pressione ambientale con emissioni di sostanze note per la loro tossicità siano presentinella Valle. L’aumentata frequenza di malattie che in letteratura sono associate all’esposizione agli inquinanti presenti nella Valle richiede che vengano poste in essere adeguate misure di contenimento o bonifica;
- studi epidemiologici su sottogruppi di popolazione siano opportuni. Si tratta dei lavoratori esposti e dei soggetti affetti da malattie potenzialmente collegabili agli inquinanti in gioco.”
Note:
(1)Prof. Annibale Biggeri: “Sorveglianza epidemiologica del rischio legato a fonti di origine industriale e militare – Ambiente e Salute della Valle del Serchio” – 18 marzo 2011.
3. Monitoraggio della qualità dell’aria
Incomprensibili errori in atti amministrativi regionali hanno fatto sì che dal 1998, il comune di Barga sia stato privato della centralina fissa per il controllo della qualità dell’aria, previsto dalla normativa per i comuni con importanti sforamenti nei limiti delle emissioni, quali quelli registrati appunto nel nostro comune. La Libellula chiede che venga ripristinata la stazione fissa di rilevamento, anche in considerazione delle campagne di rilevamento Arpat con mezzo mobile (2011 e 2016) che documentano come persistano importanti superamenti dei limiti per certi inquinanti (p. es particolato PM10-PM2.5).
Completo:Il monitoraggio dell’ aria nella valle è sempre stato carente, nonostante forti indizi di un elevato Inquinamento della stessa da parte di vari inquinanti, specialmente polveri fini. Infatti dalle mappature ufficiali svolte dalla Regione Toscana nel 1999, i Comuni Barga e quello di Bagni di Lucca figuravano tra i 12 Comuni toscani più inquinati dalle polveri fini.
Ripercorriamo adesso quanto accaduto nel comune di Barga dal 2001 ad oggi, dimostrando come sia stato disatteso l’obbligo normativo della misurazione in continuo della qualità dell’aria.
Con il D.Lgs. n.351/99 l’Italia recepisce le direttive europee 1996/62/CE sulla valutazione della qualità dell’aria. La Regione Toscana emana di conseguenza la D.G.R. n.1406 del 21/12/2001.(2) In questo documento c’è una incomprensibile ed inaccettabile difformità tra il testo della delibera e gli allegati tecnici. I comuni di Barga e Bagni di Lucca, superando i limiti di legge per le emissioni di particolato (PM10), vengono classificati “ZONA D” negli allegati tecnici (rendendo obbligatoria la centralina di rilevamento e la redazione di un piano di risanamento da parte dell’amministrazione). Inspiegabilmente, nel testo della delibera, Barga e Bagni di Lucca scompaiono dall’elenco dei comuni da risanare, disattendendo palesemente le finalità della direttiva europea e dell’art. 1 d. lgs. n. 351/99, ovvero “stabilire gli obiettivi per la qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso”.
La deliberazione per il biennio successivo (D.G.R. n.1325 del 15 dicembre 2003 – che abroga la precedente D.G.R. n.1406/2001) aggiorna i rilevamenti con i nuovi dati. La precedente esclusione dei due comuni suddetti comporta la possibilità di ricorrere a modelli matematici anziché a misurazioni effettive, col risultato che i comuni vengono ora classificati “ZONA B” (nessun obbligo di centralina di rilevamento, nè di Piano di risanamento).
Contestualmente, la centralina di rilevamento ubicata in piazza IV novembre a Fornaci di Barga negli anni 1995-1997, viene rimossa da Arpat perché l’amministrazione comunale non rinnova il permesso di occupazione del suolo pubblico, dovendo ripavimentare la piazza. Dal 1998 quindi – di fatto – non rispettiamo più la normativa vigente ed i cittadini non godono più della tutela della salute garantiti dalle già citate direttive europee e leggi nazionali.
Come cittadini, riuniti in un’associazione allora denominata “Tavolo per l’Ambiente Valle del Serchio” oggi non più operativa, abbiamo segnalato quanto sopra agli enti competenti. Mentre Provincia di Lucca e Arpat Lucca hanno mostrato ampia disponibilità nei nostri confronti, i due enti direttamente responsabili (Comune di Barga e, soprattutto, Regione Toscana) non hanno mai risposto.
Il D.Lgs. n. 155 del 13/08/2010(3) abroga il precedente D.Lgs n.351/99 introducendo nuovi criteri per la classificazione del territorio (demandata alle regioni). La Regione Toscana provvede con D.G.R. n. 1025 del 6/12/2010.(4)
Il territorio regionale non viene più analizzato comune per comune, ma suddiviso in 6 macro-aree, individuate sulla base delle caratteristiche morfologiche, meteorologiche e tenendo conto dei rilevamenti degli inquinanti dei 5 anni civili precedenti (che per Barga mancano dal 1998). “In caso di indisponibilità di dati – recita la normativa – la determinazione del superamento delle soglie degli inquinanti è effettuata attraverso l’utilizzo di misure indicative”. Questo meccanismo fa scomparire di fatto ogni criticità rilevata in passato per il comune di Barga, cancellando anche la palese inadempienza normativa. Barga viene fatta rientrare nella zona “collinare-montana”, che copre oltre 2/3 della Toscana e in cui abbiamo solo 4 centraline (Chitignano, Siena, Pomarance, Poggibonsi).
Su richiesta del Comune di Bagni di Lucca, Arpat ha effettuato rilevamenti con centralina mobile a Fornoli negli anni 2008-2009 che hanno evidenziato superamenti dei limiti di legge per il particolato (PM10 e PM2.5). In seguito, anche grazie all’interessamento di Legambiente, la Regione Toscana con D.G.R. n. 964 del 12/10/2015(5) provvede ad inserire la centralina di Fornoli nella Rete regionale di rilevamento, ammettendo che il territorio non era adeguatamente rappresentato (“gli studi per le aree della media valle del Serchio, data la loro peculiare conformazione orografica, hanno mostrato una limitata rappresentatività territoriale”).
Su richiesta del Comune di Barga, Arpat ha effettuato rilevamenti con centralina mobile a Fornaci di Barga negli anni 2010-11 e poi 2015-16. Le considerazioni di Arpat a termine dei rilevamenti sono le seguenti: “I dati acquisiti nel corso delle campagne condotte con il Laboratorio Mobile non permettono di effettuare una trattazione in termini statistici, secondo quanto previsto dalla normativa per la qualità dell’aria, ma forniscono un quadro – seppure limitato dal punto di vista temporale – della situazione di inquinamento atmosferico relativa al Comune in esame. Una trattazione completa – secondo quanto previsto dalla normativa vigente – dovrebbe prevedere infatti campagne di monitoraggio caratterizzate da una durata tale da comprendere almeno 300 giornate di rilevamento, uniformemente distribuite nel corso dell’anno.”(6)
Inoltre “Si evidenzia un valore medio di concentrazione del materiale particolato PM10 sull’intero periodo (= 43 µg/m3) superiore del 30% rispetto ai livelli medi misurati presso il sito LU-Capannori e superiori del 65% rispetto a LU-Fornoli, entrambi della stessa tipologia “urbana-fondo”. Anche il valore relativo al 90,4° percentile, utilizzato per stabilire il superamento o meno dei 35 superamenti del Valore Limite giornaliero di PM10 su base annua, corrisponde a 90 µg/m3, nettamente superiore al Valore Limite giornaliero di 50 µg/m3. I due elementi appena evidenziati farebbero presumere sia un superamento del limite dei 35 superamenti/anno del VL giornaliero consentiti sia del VL per la media annuale del PM10.”(7)
Note:
(2)D.G.R. n.1406 del 21/12/2001“Presa d’atto della valutazione della qualità dell’aria ambiente ed adozione della classificazione del territorio regionale, ai sensi degli art. 6, 7, 8, e 9 del D.Lgs. n.351/99”.
(3)D.Lgs. n. 155 del 13/08/2010 “Recepimento delle direttive europee 2008/50/CE”.
(4)D.G.R. n. 1025 del 6/12/2010 “Zonizzazione e classificazione del territorio regionale ai sensi della L.R. 9/2010 e del D.Lgs. 155/2010 ed individuazione della rete regionale di rilevamento della qualità dell’aria – Revoca D.G.R. 27/2006, 337/2006, 21/2008, 1406/2001, 1325/2003”.
(5)D.G.R. n. 964 del 12/10/2015 “Nuova zonizzazione e classificazione del territorio regionale, nuova struttura della rete regionale di rilevamento della qualità dell’aria e adozione del programma di valutazione ai sensi della L.R. 9/2010 e del D.Lgs. 155/2010”.
(6)Arpat, Campagna di rilevamento qualità dell’aria, laboratorio mobile Fornaci di Barga 2010-11.
(7)Arpat, Campagna di rilevamento qualità dell’aria, laboratorio mobile Fornaci di Barga 2015-16.
Link: http://www.arpat.toscana.it/documentazione/report/fornaci-di-barga-lu-campagna-di-rilevamento-della-qualita-dell-aria-con-mezzo-mobile-anni-2015-2016
Link: http://www.arpat.toscana.it/documentazione/report/campagne-di-rilevamento-della-qualita-dell2019aria-a-barga
4. I limiti di legge ci garantiscono davvero ?
I livelli di inquinanti indicati dalla comunità scientifica come “prudenziali” per la tutela della salute, sono sempre inferiori ai limiti autorizzativi previsti dalle norme vigenti. Recenti studi dimostrano come, , pur rispettando i limiti stabiliti dalle normative vigenti, ogni aumento di concentrazione in atmosfera di 10 µg/m3 di particolato, provoca un aumento di decessi medio di circa il 7%.
Completo:Il fatto che la concentrazione di un particolare inquinante sia al di sotto dei limiti di legge non garantisce assolutamente che questo sia innocuo. Inoltre molti inquinanti agiscono in sinergia con altri presenti nell’ ambiente moltiplicando il loro potenziale tossico.
Per quanto riguarda i limiti di legge, non si può ignorare che i livelli indicati come prudenziali dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità o WHO “World Health Organization”) sono inferiori ai livelli cui obbliga la normativa vigente. L’OMS ribadisce che ad oggi non è stato individuato un livello di concentrazione media del particolato al di sotto del quale si possa garantire il cosiddetto “rischio zero”. Afferma l’OMS: “In primo luogo, le prove dimostrano che per l’ozono e il particolato esistono rischi per la salute a concentrazioni attualmente presenti in molte città dei paesi sviluppati. Inoltre, poiché la ricerca non ha individuato soglie al di sotto delle quali non si verificano effetti negativi, è necessario sottolineare che le linee guida indicate non possono rappresentare una protezione completa della salute umana”.(8)
L’Università di Harvard ha recentemente pubblicato uno studio a cui hanno collaborato anche alcuni ricercatori italiani, e menzionato da un recente articolo del New York Times. Lo studio ha esaminato circa 61 milioni di individui in tutti gli Stati Uniti, incrociando i dati di mortalità (oltre 22 milioni di decessi) con l’analisi atmosferica delle concentrazioni di particolato extra-fine (PM2.5).
È stato dimostrato che, pur rispettando i limiti stabiliti dalle normative vigenti, ogni aumento di concentrazione in atmosfera di 10 µg/m3 di particolato, provoca un aumento di decessi medio di circa il 7%.(9)
A conclusioni simili si è giunti in Italia; uno studio realizzato dall’Isituto Nazionale Tumori di Milano, afferma: “I dati ricavati da numerose osservazioni fatte in varie città sia americane sia europee sono estremamente concordi. Ad ogni aumento degli inquinanti è associato un aumento di eventi negativi per la salute di tipo respiratorio e cardiaco. Anche in Italia sono stati condotti due studi (MISA e MISA-2) che hanno fornito dati confrontabili con le osservazioni condotte negli altri paesi”.(10)
I due studi citati (MISA e MISA-2) sono stati realizzati dall’equipe del prof. Biggeri. Si dice poi:“Il valore di 1.06 (ovvero un aumento della mortalità del 6%) è stato anche scelto dall’OMS come valore di riferimento per la valutazione degli effetti a lungo termine sulla mortalità generale, considerando il PM2.5”.
E ancora: “È importante qui sottolineare come queste stime indichino il danno di salute annuale per una esposizione prolungata (15-20 anni) a livelli elevati di particolato. Con metodi analoghi è stimabile una perdita di vita, a lungo termine, di circa 6 mesi per ogni 10 µg/m³ di esposizione. Ciò significa che se Milano passasse dagli attuali 60 µg/m³ a 30 µg/m³ di PM10, ciascun milanese guadagnerebbe, sul lungo termine, circa un anno e mezzo di vita”.
Per questi motivi riteniamo che il rispetto dei limiti di legge per quanto riguarda le emissioni, nel caso della nostra valle, non sia sufficiente a garantire l’adeguata tutela della salute pubblica, già compromessa da fattori ambientali pregressi. Il principio di precauzione dovrebbe suggerire, prima di aggiungere qualsiasi altra fonte di emissioni, di approfondire l’analisi delle condizioni attuali e delle eventuali correlazioni con le patologie riscontrate.
Note:
(8)World Health Organization: Air quality guidelines for particulate matter, ozone, nitrogen dioxide and sulfur dioxide, 2005: “Firstly, the evidence for ozone (O3) and particulate matter (PM) indicates that there are risks to health at concentrations currently found in many cities in developed countries. Moreover, as research has not identified thresholds below which adverse effects do not occur, it must be stressed that the guideline values provided here cannot fully protect human health”.
(9)Air Pollution and Mortality in the Medicare Population (Qian Di, M.S., Yan Wang, M.S., Antonella Zanobetti, Ph.D., Yun Wang, Ph.D., Petros Koutrakis, Ph.D., Christine Choirat, Ph.D., Francesca Dominici, Ph.D., and JoelmD. Schwartz, Ph.D) The new england journal of medicine, 29 giugno 2017: “Increases of 10 µg per cubic meter in PM2.5 and of 10 ppb in ozone were associated with increases in all-cause mortality of 7.3% (95% confidence interval [CI], 7.1 to 7.5) and 1.1% (95% CI, 1.0 to 1.2), respectively. When the analysis was restricted to person-years with exposure to PM2.5 of less than 12 µg per cubic meter and ozone of less than 50 ppb, the same increases in PM2.5 and ozone were associated with increases in the risk of death of 13.6% (95% CI, 13.1 to 14.1) and 1.0% (95% CI, 0.9 to 1.1), respectively.”
Link: http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1702747
(10)Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, Milano: Effetti a breve e a lungo termine dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana. Paolo Crosignani, Andrea Tittarelli, Alessandro Borgini, Martina Bertoldi.
5. Particolato primario e secondario: i filtri non bastano
Il progredire della ricerca scientifica rende oggi possibile individuare polveri ultrasottili (diametro minore di 0,1 micron), fino a poco tempo fa non rilevabili. Ad oggi non esistono filtri in grado di trattenere tali particelle. Inoltre, per fenomeni chimico-fisici, alcune sostanze possono interagire tra loro e formare polveri ultrasottili anche in atmosfera, dopo l’uscita dal camino, a valle quindi dei filtri e dei punti di campionamento per i rilievi previsti dalle norme.
Completo:Il particolato fine ed extra-fine, il cui nome indica il diametro areodinamico delle particelle (PM10 = diametro 10 micron) viene prodotto da ogni processo termico: più si alza la temperatura di combustione, minore è il diametro delle particelle emesse. Questo fattore rende di per sè già problematica la gestione dei processi termici. Infatti le diossine hanno un comportamento inverso: vengono prodotte prevalentemente in un intervallo di temperature tra 260 e 600°C, in misura molto minore alzando la temperatura (che nei processi di trattamento dei rifiuti può arrivare a 800-1000°C). Fino a pochi anni fa non si disponeva di strumentazione sufficientemente precisa per rilevare il particolato extra-fine (inferiore al PM2.5), si è ritenuto perciò – erroneamente – che gli impianti “di nuova generazione”, che lavoravano a temperature elevate, avessero risolto i problemi delle emissioni: niente diossine e niente PM10. La realtà era assai diversa. Pur diminuendo le particlle più grossolane, aumentavano quelle più sottili (non rilevate). Con il perfezionarsi degli strumenti di misura si può oggi parlare perfino di PM0.1, anche se la normativa si è adeguata solo parzialmente, introducendo i limiti solo per il PM2.5.
Più le particelle sono sottili, più a fondo entrano nell’apparato respiratorio. Le più piccole riescono addirittura ad oltrepassare gli alveoli polmonari ed entrare direttamente nel sangue. Ciò significa che non c’è organo interno che non possa esserne raggiunto (vedi paragrafo seguente). Purtroppo i sistemi di filtraggio oggi disponibili non sono in grado di filtare la frazione più sottile del particolato (PM0.1). A questo si deve aggiungere il fenomeno di formazione del particolato secondario. Viene così definito il particolato che si forma in atmosfera tramite reazioni chimiche tra altri inquinanti, a seguito di fenomeni di condensazione.(11) Avvenendo tutto ciò in atmosfera, cioè dopo la fuoriuscita dei fumi dal camino, è evidente che il fenomeno non può essere filtrato, nè misurato nel rispetto della normativa (misurazioni al camino). La limitata quantità del particolato secondario non deve trarre in inganno: trattandosi di particolato extra-fine ha un’elevata pericolosità anche a piccole dosi, soprattutto a motivo della sua interferenza con il sistema endocrino.
Note:
(11)Annuario dati ambientali 2016 ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) Sezione Atmosfera: Riccardo De Lauretis, Anna Maria Caricchia, Franco Desiato. Particolato PM2.5: pag. 84
6. Correlazioni tra inquinamento e patologie a carico del sistema endocrino
Alcuni inquinanti che possono essere trasportati dalle polveri ultrasottili si sono rivelati dannosi per il sistema endocrino. Le interferenze a livello ormonale sono caratterizzate da correlazioni non tradizionali tra dosi e risposte: i danni provocati non sono cioè proporzionali alle quantità di inquinanti assorbite. Questo fa sì che non esistano limiti al di sotto dei quali si possa parlare di sicurezza assoluta.
Completo:La comunità scientifica è sempre più certa del diretto rapporto causa-effetto che lega inquinamento ambientale e patologie esplorando la correlazione tra una serie di inquinanti e l’insorgenza di determinate patologie neurologiche, degenerative ed a carico del sistema endocrino.
Una delle peculiarità di questi composti (chiamati convenzionalmente EDCs Endocrine Disrupting Chemicals) è che gli effetti prodotti non sempre sono proporzionali alla dose assorbita, come dimostrano recenti studi: “Ad esempio, come per gli ormoni, gli EDCs possono agire anche a concentrazioni molto basse, in modi specifici per i tessuti. Gli EDC possono mostrare correlazioni non tradizionali tra dosi e risposte, a causa delle complicate dinamiche di occupazione e saturazione dei recettori ormonali. Pertanto, basse dosi possono avere impatti maggiori su un tessuto bersaglio rispetto a dosi più elevate, e gli effetti possono essere completamente diversi”.(12)
Molte delle sostanze responsabili di intaccare il sistema endocrino possono essere veicolate dal particolato ultrafine, che entrando direttamente in circolo nel sistema sanguigno, riesce facilmente a raggiungere gli organi bersaglio.
Tra i composti chimici con riconosciuti effetti distruttivi sul sistema endocrino vi sono diossine, furani, PCB, ma anche metalli quali il cadmio, che possono essere veicolati da micro/nano particelle.(13)
Note:
(12)Endocrine Disrupting Chemicals and Disease Susceptibility Thaddeus T. Schug1, Amanda Janesick, Bruce Blumberg, and Jerrold J. Heindel. USA, novembre 2011. Pag. 2: “For instance, similar to hormones, EDCs can function at very low doses in a tissue specific manner. EDCs may also exert non-traditional dose-responses due to the complicated dynamics of hormone receptor occupancy and saturation. Thus low doses may have more impact on a target tissue than higher doses, and the effects may be entirely different”.
Link: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21899826
(13)Fonte: www.ourstolenfuture.com/basics/chemlist.htm
7. Diossine, Furani e Policloro Difenili Diossino simili
Mentre i limiti previsti dalla normativa per le diossine sono espressi in quantità per m3 di fumi al camino, i limiti di sicurezza indicati dall’OMS sono espressi in quantità giornaliera che può essere assunta per ogni kg di massa corporea. Poichè le diossine vengono assunte prevalentemente tramite il cibo, è evidente come i limiti di legge non tutelano affatto, ad esempio, i bambini (che avendo una massa corporea molto minore, sono più vulnerabili degli adulti).
Completo:Questi sono una famiglia di composti chimici costituiti idrocarburi aromatici ossigenati e policlorurati. Questi sono già stati riconosciuti come cancerogeni dall’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro nel 1997.
Nel 2001 L’OMS ha rivisto la precedente dose tollerabile giornaliera di questi composti, riducendola da 10 a 2 picogrammi per chilo di peso corporeo (un picogrammo equivale a un miliardesimo di milligrammo). Quindi un adulto di 70 chili di peso può dunque assumere giornalmente un massimo di 140 picogrammi di diossina (2 x 70). Un neonato evidentemente può tollerare dosi molto più ridotte non solo per il fatto che il peso corporeo e` minore ma anche perche i meccanismi di difesa sono ancora immaturi.
Queste considerazioni sono sufficienti per comprendere come i limiti della norma sulle emissioni, che fissa limiti specifici per ogni inquinante, misurati in concentrazione, cioè unità di peso (microgrammi, o nel caso delle diossine nanogrammi o picogrammi) per metro cubo di fumi emessi, siano poco significativi. Infatti questi non riflettono le quantita` totali di inquinanti emessi (volume dei fumi moltiplicato concentrazione) sia perche` non ne considerano gli effetti sulla salute dovuti all’assorbimento degli inquinanti nel corpo umano come invece giustamente indica il limite dell’OMS specificando le quantità “per chilo di peso corporeo”. (14)
Le diossine si assumono per inalazione, per contatto e per soprattutto ingestione di cibi, dai quali proviene oltre il 90 % delle diossine che si trovano nel nostro organismo. Questi composti sono molto stabili difficili da rimuovere con Il lavaggio in acqua e si sciolgono bene nei grassi. Diossine e simili vengono dal terreno assorbiti dell’ erba e in piante fogliose da cui si trasferiscono nei tessuti di animali erbivori concentrandosi ad ogni passaggio ed entrando quindi nella catena alimentare umana. I cibi più pericolosi sono quindi carne, pesce e latticini.
Per valutare correttamente gli effetti sulla salute umana e` quindi necessario “tradurre” il dato indicato dalle norme sulle emissioni al camino (g/m3 di fumi) in quantità di inquinante che ricade al suolo (g/m2 di terreno) e, dopo aver verificato il passaggio nella catena alimentare per i prodotti ottenuti da quel terreno, calcolare infine la quantità assunta per ingesione di cibo (g/kg di peso corporeo).
Come si può vedere dal seguente elenco, molte sono le fonti di diossine e simili, con la maggior percentuale proveniente dall’incenerimento di rifiuti.
Inventario europeo fonti di diossine (1995)
- Inceneritori per rifiuti urbani (26%)
- Fonderie (18%)
- Inceneritori rifiuti ospedalieri (14%)
- Attività metallurgiche diverse dal ferro (4%)
Il restante 38% è attribuito a:
- Impianti riscaldamento domestico a legna (legna trattata)
- Incendi di boschi
- Traffico
In aggiunta al fatto che i fumi degli inceneritori rilasciano nell’ ambiente la maggior parte di diossine si deve ancheconsiderare la elevata concentrazione di diossine e simil nelle ceneri prodotte da impianti di combustione che rappresentano il 30% circa del peso totale del materiale combusto per gli inceneritori e circa il 5-10% per i pirogassificatori, ceneri che in varie maniere verranno smaltite nell’ ambiente. Come rileva Fedrico Valerio: “In tutti gli inventari sulla produzione di diossine esiste un’incredibile lacuna: nessuno conta le diossine presenti nelle ceneri prodotte dagli inceneritori”.(14)
Note:
(14)Diossine, ambiente e salute Federico Valerio, 2008
Fonte: http://www.federico-valerio.it/?page_id=234
8. Linee guida della Comunità Europea riguardo all’economia circolare
La Comunità Europea ha indicato le linee guida per il prossimo futuro: la scarsità di materie prime sempre crescente, fa sì che ogni processo di recupero di materia sia da preferire al recupero di energia (ovvero alla combustione o comunque distruzione di materia per produrre energia).
Completo:La Comunità Europea considera sfavorevolmente il recupero energetico da rifiuti preferendo altre soluzioni. Il “Piano d’azione per l’implementazione dell’economia circolare(16)”, pubblicato all’inizio del 2017, afferma che l’Europa intende attenersi ad una gerarchia nel trattamento dei rifiuti che pone con forza l’accento sul recupero di materia preferendolo di gran lunga al recupero di energia, argomento che viene inoltre approfondito anche in un documento specifico, pubblicato contestualmente dalla stessa Commissione.(17)
Questa è la gerarchia dei rifiuti adottata dall’Unione Europea:
1)Prevenzione degli sprechi,
2)Preparazione per il riuso,
3)Riciclo,
4)Altre forme di recupero (compreso l’incenerimento con elevato recupero energetico),
5)Smaltimento in discarica o incenerimento a basso recupero energetico.
La Commissione scrive testualmente: “Come affermato nel piano d’azione per l’economia circolare, ciò significa che gli investimenti in impianti di trattamento dei rifiuti (ad es. potenziali inceneritori supplementari) sarebbero concessi solo in casi limitati e giustificati, laddove non esiste alcun rischio di sovradimensionamento e dove gli obiettivi della gerarchia dei rifiuti siano pienamente rispettati”.(18)
Note:
(16)Report from the commission to the european parliament, the council, the european economic and social committee and the committee of the regions on the implementation of the Circular Economy Action Plan, Brussels, 26.1.2017 “Questo documento include proposte di legge riguardo ai rifiuti, con obiettivi a lungo termine per la riduzione delle discariche e l’incremento del riciclo e del riuso. Al fine di chiudere il cerchio del ciclo di vita dei prodotti, include altresì un Piando di Azione per supportare l’economia circolare in ogni passo della catena produttiva, fino al consumo, alla riparazione, alla gestione dei rifiuti e delle materie prime seconde che possono rientrare nei cicli economici. (…) La transizione verso un’economia circolare rappresenta una grande opportunità per l’Europa e i suoi cittadini. È parte importante dei nostri sforzi quella di modernizzare e trasformare l’economia europea, indirizzandola verso una direzione di maggior sostenibilità”. – pag 2.
(17)Communication from the commission to the european parliament, the council, the european economic and social committee and the committee of the regions The role of waste-to-energy in the circular economy, Brussels, 26.1.2017 “È importante sottolineare che la scala gerarchica dei rifiuti riflette le opzioni ambientali preferite, da una prospettiva climatica: lo smaltimento, in discarica o tramite incenerimento con esiguo o inesistente recupero energetico, rappresenta solitamente l’opzione meno favorevole per la riduzione delle emissioni di gas serra; al contrario, la prevenzione degli sprechi, il riuso ed il riciclo hanno il più alto potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra. È doveroso ricordare che gli stati membri hanno una certa flessibilità nell’applicazione della scala gerarchica, ma lo scopo finale resta quello di incoraggiare quelle procedure di trattamento dei rifiuti che garantiscono il miglior risultato ambientale” – pag 4.
(18)Idem c.s. – pag 5.
Link: http://ec.europa.eu/environment/circular-economy/implementation_report.pdf
Link: http://ec.europa.eu/environment/waste/waste-to-energy.pdf
9. La vocazione turistica e agroalimentare della Valle del Serchio
La Valle del Serchio è a forte vocazione turistica, ambientale, agroalimentare. Presenta numerose produzioni locali con riconoscimenti di qualità (DOP, IGP). La presenza di impianti di trattamento rifiuti può nuocere, oltre che per aspetti strettamente emissvi, anche per effetti negativi sull’immagine di un territorio che si propone come mèta turistica di qualità.
Completo:La Valle del Serchio è a forte vocazione turistica, ambientale, agroalimentare: molte realtà produttive hanno ottenuto riconoscimenti (DOP e IGP), ha saputo creare un indotto importante in termini di ricettività turistica, riqualificazioni edilizie ed ambientali, artigianato, cultura e manifestazioni, di cui proprio Barga è esempio prestigioso e il cui valore è ormai riconosciuto a livello internazionale. Indotto che, ovviamente, significa occupazione e sviluppo economico. Non dovremo forse valutare anche il danno che un grande impianto di incenerimento/pirogassificazione produrrebbe all’immagine di tutta la valle? Non dovremo forse considerare non solo i posti di lavoro interni all’azienda proponente, ma anche tutti gli altri (strutture ricettive, agriturismi, agricoltura, edilizia, commercio ed artigianato locale)?
Ricordiamo a questo proposito che il nostro comune è inserito quale “area strategica” all’interno del progetto “Aree interne”, deliberato dalla Regione Toscana (DGRT 32/2014). Nell’istruttoria, si legge a questo proposito: “In ambito turistico e ambientale è emersa la volontà del territorio di candidare il territorio come area UNESCO.”(19)
Nel documento di strategia dell’area pilota Garfagnana-Lunigiana si legge inoltre: “La strategia si propone di recuperare il senso sociale della partecipazione che muove dall’orgoglio dell’appartenenza e dell’identità riconosciuta per tornare ad individuare percorsi di sviluppo in cui la coesione sociale si integra con gli strumenti di sostegno e genera nuove forme di agire in cui la cittadinanza, attiva e partecipe, consapevole del bene comune, si riappropria del proprio futuro”.(20)
Nuovamente, non possiamo che evidenziare una profonda contraddizione tra questi intenti, tesi alla valorizzazione del territorio, ed un progetto industriale come quello in questione.
Note:
(19)Comitato Nazionale Aree Interne, Rapporto di Istruttoria per la 1 Selezione delle Aree Interne Regione Toscana, gennaio 2015 – pag. 9
(20)Area pilota GARFAGNANA-LUNIGIANA Strategia Nazionale sulle aree interne, luglio 2017 – pag. 11
LA LIBELLULA, gennaio 2018