Riassunto delle osservazioni presentate
Di fianco all’autore si trova link al file completo delle osservazioni e Curriculum Vitae; sotto abbiamo scritto una sintesi riassuntiva coi punti principali per ognuna; buona lettura !
MARCO CALDIROLI, TECNICO PER LA PREVENZIONE AMBIENTALE (Osservazioni – CV – Osservazioni Integrazioni)
Presidente di Medicina Democratica – Movimento di Lotta per la Salute Onlus
- La revisione complessiva degli impianti metallurgici non si può in alcun modo considerare un miglioramento ambientale, ma è un semplice e doveroso adeguamento alle BAT (Best Available Technology) in sede di riesame della AIA secondo i dettami della decisione UE 2016/1032 relativa alla applicazione delle BAT per gli impianti di produzione dei metalli non ferrosi da concludersi entro 4 anni (2020); non appare quindi corretto parlare di “scenario attuale dello stabilimento” in quanto questo dovrebbe comunque essere modificato a breve per effetto di riesame;
- La gran parte degli interventi tecnici di riduzione delle emissioni sulla parte metallurgica non hanno nulla a che vedere con l’installazione del gassificatore e sono fattibili indipendentemente da questo; ad esempio si ha una riduzione dei valori delle polveri e degli ossidi di azoto su Loma 2 e Loma 3 installando un sistema di filtrazione già adottato su Loma1, quindi attraverso un intervento dovuto e non una concessione, per attuare il principio alla base della normativa IPCC di riduzione e prevenzione integrata dell’inquinamento;
- Altri interventi appaiono tecnicamente non credibili: uno su tutti l’incremento di soli 10.000 Nmc/h dell’emissione E9 (Loma1) una volta che vi si siano convogliati anche i fumi del futuro forno Loma3, che appare manifestamente incongruo dato il mantenimento delle caratteristiche di diametro del camino e della velocità di emissione;
- Non ha alcun senso e costituisce una vera assurdità la somma di inquinanti diversi tra loro allo scopo di provare la supposta riduzione dell’impatto ambientale, dato che hanno effetti tossici e ambientali assolutamente diversi tra loro;
- La modellizzazione di dispersione degli inquinanti si conclude con un confronto del valore di ricaduta del singolo inquinante con la singola soglia massima considerata in letteratura; tale approccio non è corretto in quanto non tiene conto degli effetti additivi e sinergici dei vari inquinanti; l’impatto deve essere calcolato sommando i vari valori di ricaduta rapportati al loro limite e se il valore ottenuto supera l’unità ciò indica una condizione critica, approccio che è di comune uso nell’ambito dell’esposizione professionale a miscele di sostanze pericolose; nel caso di specie tale valore risulta 3,48, molto superiore a 1, evidenziando quindi un rischio importante; tanto più che su questo calcolo incidono pesantemente degli inquinanti molto tossici (IPA, Arsenico, Cadmio, Nichel) che sono molto vicini ai valori di soglia singola;
- Il calcolo della condizione R1 appare eccessivamente ottimistico, sia dal punto di vista del rendimento energetico che del numero di fermate e di interventi al postcombustore; cambiando lievemente questi parametri si arriva facilmente a un valore sotto la soglia di 0,65, dopo la quale scatta la classificazione a impianto di smaltimento, non realizzabile nell’area a causa del criterio escludente (fascia a ridosso di corsi d’acqua); grave anche il fatto che non si consideri nel calcolo l’uso di ulteriore combustibile per il post riscaldo per garantire le necessarie temperature per l’abbattimento degli ossidi di azoto né viene indicato alcun metodo alternativo;
- Non vi è alcuna conferma nei dati delle famose 120.000 tons di scarto di pulper prodotti dal distretto cartario lucchese, in particolare dalle aziende cartarie che hanno firmato l’accordo con KME; dato che invece dovrebbe essere agevolmente ricavabile dai MUD che le cartiere sono tenute a redigere annualmente ma non ve ne è traccia nel SIA; l’esame dei dati ARPAT (Rapporto rifiuti speciali 2017) e di alcune cartiere come Ds Smith fa ritenere che questo numero sia assolutamente sovrastimato; questo spiega come mai nonostante la propagandata abbondanza dei rifiuti di pulper, nel SIA si richieda l’autorizzazione all’incenerimento di una varietà enorme di altri rifiuti;
- Appare grave la mancanza della previsione di un trattamento di essiccamento del pulper e più in generale non vi sono dettagli sulle modalità di deposito e miscelazione delle varie tipologie di rifiuti; la presenza delle due fosse di stoccaggio per code e pulper/fanghi non permette sicuramente la gestione differenziata dei vari codici CER; gravissima l’affermazione secondo la quale i rifiuti “presentano caratteristiche analoghe e non richiedono separazione” dato che come detto vi sono rifiuti per i quali si richiede autorizzazione all’incenerimento diversissimi tra loro (scarto di pulper e fluff da demolizione ad esempio);
- Alcune tipologie di rifiuti per le quali si richiede autorizzazione all’incenerimento appaiono problematici ad esempio il fluff da demolizione auto, i fanghi da trattamenti chimico-fisici e i rifiuti da trattamento meccanico di rifiuti urbani; non si possono escludere in questi rifiuti la presenza di elevate concentrazioni di cloro organico e in tal caso gli obblighi per le modalità di combustione sarebbero ben più restrittivi (1.100 gradi di temperatura di combustione anziché i soli 850 previsti nel progetto);
- Non è previsto un sistema automatico per il blocco dell’introduzione di rifiuti in situazioni di emergenza come previsto dalla normativa vigente (es. calo della temperatura sotto il minimo o superamento dei valori di soglia delle emissioni in continuo) ma solo interventi manuali da quadro; in caso di fermata intempestiva, il gruppo elettrogeno alimenterà le sole utenze critiche per consentire all’impianto di fermarsi in sicurezza tra cui però non figurano i sistemi di abbattimento e i ventilatori di espulsione dei fumi, determinando quindi importanti incrementi nelle emissioni di cui non vengono stimati gli impatti ambientali.
STUDIO LEGALE ENRICO AMANTE (Osservazioni, Sito Internet)
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Sulla natura dell’impianto. Nozione di impianto di incenerimento o coincenerimento ai sensi del D.Lgs 152/2006 art. 237-ter. Rientrano nella definizione “il sito e l’intero impianto”. La valutazione deve quindi essere ben pià ampia e riguardare l’impianto nel suo complesso.
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Sulla incompatibilità dell’impianto con il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti e Bonifica dei siti inquinati (PRB).
Riguardo ai criteri escludenti previsti dal PRB
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Il progetto risulta in contrasto con il divieto di insediamento in aree tutelate per legge ai sensi del D.Lgs 42/2004 art. 142 (come già evidenziato, la condizione prevista dalla formula R1 non viene soddisfatta, inoltre le linee guida europee ne prevedono il calcolo per i soli impianti di rifiuti urbani e non per quelli di rifiuti industriali).
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Il progetto risulta in contrasto con il divieto di insediamento in aree individuate come invarianti strutturali a valenza ambientale definiti dagli strumenti della pianificazione e dagli atti di governo del territorio di cui alla L.R. 1/2005 (art 3.1 del PRB).
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L’art 3.1 dell’all. 4 del PRB esclude l’insediamento di impianti di incenerimento in aree soggette a bonifica. Poichè molte aree limitrofe, interne allo stabilimento, sono interessate da procedimenti di bonifica, si chiede alle autorità competenti di disporre idonee caratterizzazioni sui terreni oggetto di intervento al fine di verificare i livelli di inquinamento ivi presenti e l’eventuale necessità di interventi di bonifica ad oggi non ancora disposti.
Riguardo ai criteri penalizzanti previsti dal PRB:
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Il progetto prevede la realizzazione dell’impianto nelle immediate vicinanze del centro abitato di Fornaci di Barga, in area tale da non garantire la distanza di almeno 500 m. dalle aree residenziali, il che determina interferenze in relazione alle ricadute ambientali e sanitarie.
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Il progetto determina indubbia interferenza con le risorse idriche superficiali e sotterranee, in quanto posto in immediata prossimità dell’alveo del fiume Serchio, in una area classificata ad elevata vulnerabilità degli acquiferi secondo il PTCP (Delibera di Consiglio Provinciale n. 189 del 13/01/2000)
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Il progetto è ubicato in area con condizioni climatiche e meteorologiche sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti. L’area ha una situazione sanitaria già provatamente compromessa, con elevati tassi di mortalità per malattie riconducibili anche a fattori di inquinamento ambientale.
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Il progetto non prevede adeguate misure per escludere le interferenze del traffico veicolare derivato dal conferimento dei rifiuti con i centri abitati della valle.
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L’impianto verrebbe ubicato all’interno di coni visivi e panoramici la cui immagine è storicizzata, ponendosi nelle immediate vicinanze del fiume Serchio, delle aree contigue al Parco regionale delle Alpi Apuane.
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Sulla incompatiblità dell’intervento con la disciplina del PIT-PPR. L’intervento è in contrasto con la disciplina del PIT-PPR (Deliberazione C.R. 27/03/2015 n. 37) che avendo valenza di strumento paesaggistico, prevale sugli strumenti locali e non è derogabile neppure per l’ipotesi di insediamento ad importanza strategica regionale.
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L’intervento è in contrasto con le prescrizioni di cui all’art. 8 dell’Allegato 8B (“Fiumi, torrenti e corsi d’acqua”) che prevedono di tutelare “i caratteri naturalistici, storici ed estetici delle sponde e relative fasce di tutela, salvaguardando la tipicità dei paesaggi fluviali, le visuali panoramiche che si aprono dalle sponde e la qualità delle acque e degli ecosistemi”.
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L’intervento è in contrasto con le prescrizioni di cui all’art. 11 dell’Allegato 8B (“Parchi, riserve nazionali o Regionali, nonché territori di protezione esterna dei parchi”) che prevede di tutelare “gli scenari, i coni visuali e tutti gli elementi che contribuiscono alla riconoscibilità degli aspetti paesaggistici”.
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L’intervento è in contrasto con la disciplina di cui alla scheda d’ambito 03 (Garfagnana, Valle del Serchio e Val di Lima) in quanto sono individuati quali valori di tutela gli ecosistemi fluviali; la scheda richiama quali criticità “l’occlusione e impermeabilizzazione dei fronti fluviali con la localizzazione di urbanizzazioni continue, infrastrutture e aree produttive che hanno compromesso le relazioni di lunga durata tra l’insediamento di fondovalle ed il fiume”. Tra gli indirizzi per le politiche, la scheda d’ambito indica per queste aree di “avviare azioni volte a salvaguardare, riqualificare e valorizzare le rive del fiume Serchio e dei suoi affluenti, ricostituendo i rapporti storici tra fiume e tessuto urbano, ove compromessi”.
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Sulla documentazione prodotta da KME ai fini della valutazione di compatibilità paesaggistica del progetto. La documentazione prodotta risulta carente e non idonea ad illustrare le interferenze con le emergenze oggetto di tutela, nonché priva dei requisiti individuati al riguardo dal DPCM 12/12/2005.
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Sulle necessarie garanzie partecipative. In considerazione dell’incidenza dell’intervento su tutta la Valle del Serchio, alla luce dell’interessamento manifestato dalla popolazione, comitati ed associazioni (con manifestazioni locali e la raccolta di 8700 firme), si ritiene che debba essere attivato il procedimento di inchiesta pubblica ai sensi della L.Reg. n. 10 del 12/02/2010 Art. 53.
ROBERTO BALATRI, GEOLOGO (Osservazioni, CV, Osservazioni Integrazioni)
Ordine dei Geologi della Toscana n°783
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La caratterizzazione idrogeologica del sito risulta completamente insufficiente e si basa su affermazioni descrittive non supportate da valore scientifico. In fase di indagine non è stata effettuata nessuna prova di permeabilità nè sul substrato roccioso nè sui depositi alluvionali per dimostare la scarsa permeabilità dichiarata dal progetto.
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Nonostante la realizzazione di 4 sondaggi attrezzati con tubi piezometrici nella relazione non è stata riportata una sola misura puntuale del livello piezometrico della falda nè una ricostruzione delle isofreatiche, ma si sostiene genericamente che: “Le indagini condotte hanno in realtà denunciato l’assenza di una vera e propria falda acquifera in substrato dell’area di interesse”.
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Quanto affermato a riguardo dell’assenza di una vera e propria falda è smentito nel paragrafo 2.2.2.3 Ambiente idrico sotterraneo dello “Studio di Impatto Ambientale Quadro di Riferimento Ambientale”) che riporta la realizzazione di una barriera idraulica allo scopo di contenere la contaminazione da cadmio, rame e zinco riscontrata in un’area dello stabilimento nel 2015. E’ ben evidente la presenza della falda acquifera evidenziata dalle misure piezometriche e dalla ricostruzione delle isofreatiche statiche pre intervento e quelle dinamiche dovute alla barriera idraulica.
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Il progetto afferma che “il quadro idrogeologico … definito consente di escludere per il sito di impianto particolari condizioni di vulnerabilita’ idrogeologica.” affermazione che contrasta con quanto riportato nella “Carta idrogeologica e della vulnerabilità degli acquiferi” del PIANO STRUTTURALE INTERCOMUNALE dell’Unione dei Comuni Media Valle del Serchio dove la vulnerabilità risulta di alto grado.
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L’assenza di una caratterizzazione chimica dell’acquifero rende particolarmente pericoloso quanto previsto in fase di cantiere per le acque intercettate durante gli scavi fondazionali: “Si consideri la possibilita’, in fase di cantiere, di asportare le eventuali acque intercettate attraverso pompe di emungimento o, piu’ semplicemente, per gravita’, attraverso la realizzazione di fossi di scolo che le indirizzino direttamente verso l’adiacente corso del Fiume Serchio.”
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Riguardo agli aspetti sismici, nella relazione geologica si fa riferimento ad una ipotetica faglia. Considerando che il sito ricade all’interno di un’area caratterizzata da fonti sismogenetiche composite (Progetto DISS – INGV) e che la faglia potrebbe interessare l’area del gassificatore si evidenzia la necessità di investigare con metodi geofisici l’esatta posizione della faglia e valutarne, in merito alla sua natura (attiva, capace o non), le ripercussioni sulla struttura del gassificatore.
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Campioni di terreno prelevati all’esterno dello stabilimento in aree a verde pubblico, privato e residenziale che hanno denotato la presenza di metalli pesanti quali cadmio, rame, piombo, e zinco (anno 2009). Si ritiene pertanto necessario uno studio sistematico e approfondito, per un’area significativa nell’intorno dello stabilimento metallurgico, atto alla caratterizzazione dei suoli ed eventuale bonifica.
FEDERICO VALERIO, CHIMICO (Osservazioni, CV)
Ordine dei Chimici della Liguria n. 757/77
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Non idoneità dell’area sita a Fornaci di Barga ad ospitare una nuova fonte emissiva. La posizione di fondovalle e l’instaurarsi d’inversioni termiche favorisce il ristagno degli inquinanti immessi in atmosfera, in particolare nella stagione invernale. Questa situazione, sfavorevole ad insediamenti industriali con fonti emissive in atmosfera è confermata dal rapporto “Classificazione della diffusività atmosferica nella regione Toscana”, redatto da Regione Toscana in collaborazione con La.M.M.A (Laboratorio per la Meteorologia e la Modellistica Ambientale). Tutti gli inquinanti immessi in atmosfera da attività presenti sul territorio comunale di Barga, hanno un’elevata probabilità di concentrarsi e di raggiungere, per periodi prolungati nel corso dell’anno, valori pericolosi per la salute.
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Stato della salute della popolazione residente a Barga e comuni limitrofi. Il giorno 3 ottobre 2018, a Barga, è stato presentato l’aggiornamento dei dati sanitari della Valle del Serchio (indicatori di mortalità e ricoveri) a cura dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARS). Nel loro insieme, questi dati segnalano il permanere di uno stato di salute precario che, dal punto di vista preventivo, richiederebbe adeguati approfondimenti per individuarne le cause, ma suggerisce anche grande prudenza nell’autorizzazione di attività che, a causa degli inquinanti inevitabilmente prodotti, certamente aumenteranno ulteriormente il rischio di patologie cardiocircolatorie e respiratorie, già troppo elevato.
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Qualità dell’aria nel Comune di Barga. Nonostante la presenza di un’importante attività produttiva e di un contesto orografico con una elevata probabilità di accumulo di inquinanti, il Comune di Barga non è oggetto di un sistematico monitoraggio della qualità dell’aria. I risultati di campagne di misurazioni con mezzo mobile effettuate da ARPAT nel 2011 e 2016 segnalavano la vulnerabilità di questo sito rispetto all’inquinamento da polveri sottili e l’opportunità di indagare sulle cause del fenomeno. Se si mettono a confronto le emissioni per chilometro quadrato, si nota che le tonnellate di polveri sottili emesse per unità di superfice nel Comune di Barga (2,15 ton/km2), non sono molto diverse da quelle di Capannori (2,87 ton/km2), entrambe nettamente superiori a quelle attribuite a Bagni di Lucca. Poiché negli anni successivi l’attività industriale di Bagni di Lucca (ALCE) è cessata mentre, pur con delle importanti variazioni, sono continuate le attività industriali di Capannori e Barga, si può ragionevolmente ritenere che oggi il divario delle pressioni ambientali attive a Barga e a Bagni di Lucca sia aumentato.
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Emissioni di diossine e furani. Nel novembre 2018, la European Food Safety Authority (EFSA), in base a nuove evidenze scientifiche ha aggiornato, riducendolo di sette volte, il valore della dose tollerabile settimanale di PCDD/F e policlorodifenili diossini simili. Pertanto, attualmente, la dose tollerabile settimanale è di 2 picogrammi per chilo di peso corporeo; per un adulto di 70 chili, l’assunzione settimanale di PCDD/F non dovrebbe quindi superare i 140 picogrammi. In base alle autorizzazioni, il solo gassificatore emetterebbe, ogni settimana 730 milioni di picogrammi di PCDD/F. Il termovalorizzatore di Bolzano (130.000 tonnellate/anno di rifiuti trattati) in sette giorni, mediamente, emette in atmosfera 13,2 milioni di picogrammmi di PCDD/F. Pertanto il gassificatore che dovrebbe operare a Fornaci di Barga, per trattare un quantitativo di rifiuti molto simile a quanto trattato dall’inceneritore di Bolzano, potrebbe essere autorizzato ad emettere in atmosfera una quantità di diossine, 55 volte superiore.
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Formazioni di polveri e aerosol secondario. Le polveri fini secondarie si formano in atmosfera, per attività fotochimica sugli inquinanti primari (NOX, SO2, NH3, Composti Organici Volatili) emessi in atmosfera. Misure effettuate in Europa, stimano che dal 30 al 40% delle PM10 presenti in atmosfera, siano di origine secondaria. Il progetto del proponente non presenta alcuna stima delle quantità di polveri secondarie prodotte.
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Polveri ultrafini. Da alcuni anni l’attenzione dei ricercatori si è concentrata sulle particelle ultrafini (UFP), le cui dimensioni sono inferiori a 0,1 micrometri 17 e questi studi hanno riguardato anche le emissioni da combustione di gas di sintesi da biomasse, con la verifica della presenza non trascurabile di UFP. Una attenta Valutazione di Impatto Ambientale dovrebbe mettere in conto anche una valutazione delle polveri ultrafini che la fonderia e, in particolare il gassificatore, potrebbero produrre ed immettere in atmosfera.
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Metodi alternativi di trattamenti di pulper di cartiera. Il progetto Eco-pulp-plast per il recupero della frazione plastica del pulper avvenendo a “freddo”, ha emissioni bassissime, non produce rifiuti tossici, permette il recupero per la produzione di carta fino al 90% delle fibre di cellulosa presenti nel pulper, ha un bilancio di emissioni di gas clima-alteranti nettamente inferiore. Una Valutazione di Impatto Ambientale che mettesse a confronto le due tecnologie, gassificazione con produzione di elettricità e recupero di materia per la produzione di manufatti di lunga durata, confermerebbe i grandi vantaggi di quest’ultima.
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Metodi alternativi per la produzione di elettricità a servizio di KME. una corretta Valutazione di Impatto Ambientale avrebbe dovuto mettere a confronto gli impatti di ulteriori opzioni rispetto al gassificatore:
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Acquisto di metano per auto-produzione di elettricità e calore con turbina a gas. Gli impatti sarebbero nettamente inferiori se l’auto-produzione di elettricità avvenisse con un impianto di cogenerazione, meglio tri-generazione, (produzione di calore e frigorie), dimensionato per coprire anche i consumi energetici a bassa entalpia dello stabilimento. Questa scelta evita il traffico indotto, non produce rifiuti solidi e liquidi da smaltire, ha una elevata efficienza energetica e un minor impatto ambientale, grazie al maggior potere calorifico del gas naturale.
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Installazione di pannelli fotovoltaici sulle coperture degli edifici KME. La superfice coperta della KME è oltre 166.000 m2. In base ad una prima stima, la copertura con pannelli fotovoltaici ad alta efficienza sui tetti KME, comporterebbe la produzione annuale di circa 18 milioni di kWh, corrispondenti al 18,7% della produzione di elettricità che si prevede possa fornire il gassificatore.
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Combinazione di autoproduzione di elettricità con metano e pannelli fotovoltaici. Per quanto riguarda la questione dei bilanci economici dell’azienda, motivo principale della richiesta di autorizzazione alla realizzazione del gassificatore, accenniamo al fatto che le opzioni alternative possono usufruire degli incentivi previsti per le fonti rinnovabili, l’efficienza energetica degli impianti e per politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti.
PATRIZIA GENTILINI – ISDE Medici per l’ambiente (Osservazioni, Osservazioni Integrazioni, CV)
Medico Chirurgo, specialista in Oncologia ed Ematologia
Aspetti sanitari riguardanti il progetto del gassificatore KME
Secondo l’Oms, fra i 10 fattori ambientali che pongono a maggior rischio la salute umana vi sono la qualità dell’aria, i metalli pesanti quali arsenico, cadmio, piombo, mercurio, le diossine, inquinanti già presenti in valle e che verranno ulteriormente incrementati qualora venisse autorizzato il gassificatore della KME.
L’effetto delle sostanze tossiche su organismi in via di sviluppo può comportare non soltanto effetti sanitari evidenti nel breve termine ma anche aumentare il rischio di insorgenza di patologie in periodi di vita successivi, specie nel caso di patologie croniche. Infatti, in embrioni e feti, le sostanze cancerogene, tossiche e mutagene cui i genitori siano stati esposti, possono interferire, attraverso modificazioni del DNA e compromettere non solo il buon esito della gravidanza e la salute del nascituro, ma anche quella di cui lo stesso godrà da adulto, tanto che si parla di ”Origine Fetale delle Malattie dell’Adulto”.
Gli effetti che gli inquinanti atmosferici sia a breve che a lungo termine esercitano sulla salute sono ormai ampiamente documentati e la loro presenza in aria regolamentata da specifiche normative. Tuttavia i limiti di legge attualmente vigenti sono molto meno cautelativi di quelli indicati dall’OMS e, nonostante questo, sono sistematicamente ed ampiamente superati ed anche nel territorio di Fornaci di Barga come risulta dalle purtroppo scarne campagne di monitoraggio della qualità dell’aria condotte da ARPAT. Non va infine dimenticato che per molti di questi inquinanti presenti in aria e classificati da decenni come cancerogeni per l’uomo, non esiste una soglia identificabile al di sotto della quale queste sostanze non comportino un rischio per la salute umana.
Particolato
L’aumento delle concentrazioni di particolato nell’aria è associato, nel breve termine, ad un aumento di eventi avversi cardiaci e respiratori determinati da stress ossidativo, alterazioni dell’endotelio vasale, stato pro-trombotico, infiammazione distrettuale e sistemica, tali da provocare innalzamento della pressione arteriosa, aritmie, vasocostrizione, ischemia cardiaca e infarto miocardico.
Gli eccessi di ricoveri e mortalità per patologie cardiovascolari che già ora si riscontrano nel territorio di Fornaci di Barga sono quindi assolutamente coerenti con quanto la letteratura scientifica già documenta e ci si chiede come si possa incrementare ulteriormente tale rischio peggiorando ulteriormente la qualità dell’aria con l’autorizzazione del gassificatore.
In seguito ad esposizione per lunghi periodi, per ogni incremento di 10 μg/m3 di PM2.5 si calcola, nella popolazione totale, un incremento del 6% del rischio di morte per ogni causa, del 12% per le malattie cardiovascolari e del 14% per cancro del polmone. Per ogni incremento di 10 μg/m3 di PM2.5, vi è un incremento del 40% dell’adenocarcinoma polmonare, un aumento del 15% del rischio di nascite premature e un aumento del 9% del rischio di basso peso alla nascita.
Ossidi di azoto
Provocano irritazione dell’apparato respiratorio – con conseguente alterazione delle funzioni polmonari – bronchiti croniche, asma ed enfisema polmonare. In particolare è documentato un aumento dell’8% dei ricoveri per asma nei bambini da 0 a 14 anni dopo 3-5 giorni da incremento NOX; ad ogni aumento di 10 μg/m3 di polveri e biossido di azoto aumenta il rischio di morte del 4-6%. A lungo termine si documenta una riduzione della funzione polmonare nei bambini. Per ogni aumento di 5 parti per miliardo di NO2 il rischio di cancro al seno aumenta di circa il 25%. Per le donne che vivono nelle aree con i più alti livelli di inquinamento il rischio di sviluppare il cancro al seno è quasi doppio rispetto a quelle che vivono nelle aree meno inquinate.
Biossido di zolfo
Fra gli effetti a lungo termine possono manifestarsi alterazioni della funzionalità polmonare ed aggravamento delle bronchiti croniche, dell’asma e dell’enfisema. I gruppi più sensibili sono costituiti dagli asmatici e dai bronchitici. È stato accertato un effetto irritativo sinergico in seguito all’esposizione combinata con il particolato, probabilmente dovuto alla capacità di quest’ultimo di veicolare l’SO2 nelle zone respiratorie profonde del polmone.
Monossido di carbonio
Gli effetti negativi del monossido di carbonio sulla salute umana sono legati alla capacità del CO di unirsi all’emoglobina del sangue formando la carbossiemoglobina (COHb). In questo modo il CO occupa il posto normalmente occupato dall’ossigeno, così da ridurre la capacità del sangue di trasporto dell’ossigeno e di conseguenza la quantità di ossigeno che il sangue lascia nei tessuti. I danni arrecati dal COHb alla salute umana sono legati essenzialmente agli effetti sul sistema cardiovascolare e sul sistema nervoso.
Metalli pesanti
La maggior parte dei metalli può interferire con l’attività enzimatica di svariati processi metabolici, comportando problemi ai reni e alle ossa, disordini neuro-comportamentali e dello sviluppo, alterazioni metaboliche con effetto diabetogeno, incremento pressione sanguigna. Particolarmente inquietante è l’azione neurotossica sul cervello in via di sviluppo del piombo che può portare ad incidere negativamente sul comportamento e sullo sviluppo del feto, di neonati e bambini. Gli studi epidemiologici mostrano che gli effetti sulla salute dei bambini sono associati a livelli di piombo nel sangue di circa 100-150 μg/l, ma ci sono indicazioni della pericolosità del piombo anche a concentrazioni nettamente inferiori tanto che nessun livello di Pb può essere ritenuto sicuro per il neurosviluppo.
Per tutti i seguenti metalli: Arsenico, Piombo, Rame, Cadmio è risultato un incremento statisticamente significativo del rischio per tutte le patologie cardiovascolari indagate, addirittura per la malattia coronarica il rame ha evidenziato un rischio oltre il doppio dell’atteso.
Conclusioni
Appare indispensabile richiedere che prima di concedere l’autorizzazione al nuovo impianto vengano condotti e resi pubblici ulteriori indagini ed approfondimenti in particolare sulle frange più suscettibili della popolazione, specie donne in gravidanza bambini. Indagini di biomonitoraggio per la ricerca in particolare di metalli pesanti potrebbero fornire utili elementi di valutazione del rischio.
ANTONIO MORONI, laureato in chimica e ricercatore chimico negli U.S.A.
FRANCESCO BERTONCINI, dottore in economia aziendale e analista dati
(Osservazioni, Osservazioni Integrazioni Moroni, CV MORONI,CV BERTONCINI)
In queste osservazioni si contesta alla base, mediante l’uso anche di calcoli quantitativi, l’assunzione secondo cui l’assetto futuro dello stabilimento porti a un miglioramento dell’impatto ambientale, nonché la necessità dell’impianto per l’abbassamento dei costi energetici definiti “insostenibili”, motivazione che è alla base del progetto; le osservazioni si snodano attraverso quattro punti principali:
- Si contesta che l’aumento della varietà di inquinanti immessa in atmosfera tra scenario attuale e futuro, che passano da 11 a 25, tra cui alcuni ad alta tossicità (IPA, PCB-DL e molte varietà di metalli e semimetalli non emessi dall’attività metallurgica), già di per sé possa essere considerato come un miglioramento ambientale;
- Si contestano i numeri dello scenario attuale autorizzato che non corrispondono nemmeno minimamente a quelli realmente misurati dall’azienda negli anni 2015-16-17, rispetto ai quali si hanno rapporti da 8 a quasi 1.000 volte superiori per lo scenario teorico, che dunque non rappresenta minimamente la situazione reale; le autorizzazioni richieste per lo scenario futuro sono anch’esse enormemente superiori a quanto misurato (da 8 a 134 volte superiori al reale del triennio considerato);
- Si ricalcolano i flussi di massa attenendosi però ai valori di sfruttamento impianto attuali e realistici futuri (non autorizzati) come dichiarati o desumibili dal progetto e prendendo per buoni i pur discutibili valori di concentrazione di inquinanti del progetto, individuando anche in questo caso degli aumenti di inquinanti in specie per monossido di carbonio, polveri (tra cui quelle ultra fini), composti organici e anche le diossine, considerando quelle emesse anche nei periodi di ripartenza dopo fermate degli impianti;
- Si contesta l’argomento del costo energetico definito insostenibile: esso infatti rappresenta nel 2017 (dati di bilancio) solo l’1,6% del totale dei costi e anche del fatturato, in una configurazione che vede già l’uso esclusivo di forni elettrici dato che quelli a gas sono spenti dal 2015; tale costo, di per sé davvero minimo, risulta perfettamente in linea con quello di altre aziende del settore del rame e nettamente inferiore a quello di aziende energivore del comparto chimico e cartario; da tenere conto oltretutto che nel 2017 non ha ancora beneficiato della ulteriore pesante riduzione operante nel 2018 col Decreto Calenda; in poche parole esso rappresenta niente di più che un pretesto per nascondere il ben più remunerativo business dei rifiuti; si sottolineano infine i rischi, sia economici che ambientali, di un impianto in gran parte sperimentale e di difficile funzionamento, anche ricordando i disastrosi precedenti degli impianti di Castelfranco di Sotto e Malagrotta, i più assimilabili a quelli del progetto di KME.
LA LIBELLULA (Osservazioni 1-3,Osservazione 4, Osservazioni Integrazioni 1,Osservazioni Integrazioni 2)
GRUPPO PER L’AMBIENTE VALLE DEL SERCHIO
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Nello studio di impatto ambientale e nell’allegato D, la simulazione meteo è totalmente inesatta. Si contesta in toto l’affermazione “L’analisi delle condizione meteoclimatiche eseguita nell’allegato D al presente Studio non ha evidenziato condizioni sfavorevoli alla diffusione degli inquinanti”. La classificazione meteo del Consorzio L.a.M.M.a. afferma esattamente il contrario. Come tale si chiede di registrare il criterio penalizzante conseguente: “Condizioni climatiche e meteorologiche sfavorevoli alla diffusione degli inquinanti e degli odori ove condizioni in calma di vento e stabilità atmosferica ricorrono con maggiore frequenza”.
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L’analisi dello stato della salute pubblica e delle possibili ricadute del progetto, è superficiale e carente. Si esaminano un numero esiguo di patologie, per cui vengono confrontati i tassi di mortalità standardizzati di tre ambiti territoriali: Provincia di Lucca, Regione Toscana, Italia. Le patologie indagate non sono sufficientemente rappresentative dei possibili effetti derivanti da inquinamento ambientale, né gli ambiti territoriali confrontati consentono una specificità riferita alla popolazione della Media Valle del Serchio. Si ignorano sia l’indagine epidemiologica del Prof. Biggeri (dati 1976-2006) sia il suo aggiornamento a cura dell’Agenzia Regionale di Sanità (dati 2006-2016), che confermano una situazione già pesantemente compromessa in valle. Si richiede quindi una Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) ancorchè non obbligatoria per impianti di questo tipo, a motivo della peculiare caratteristica morfologica dell’area, e della situazione sanitaria già compromessa, come suggerito anche dal documento “Valutazione di impatto sulla salute – linee guida per proponenti e valutatori” pubblicato dal Ministero della Salute nel 2016.
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Nel progetto si afferma che “La proprietà KME, ma non il sito interessato dal progetto del gassificatore, è stato in passato oggetto di procedure di bonifica, allo stato tutte concluse”. Nel data-base regionale SISBON risultano a carico di KME due procedimenti (LU071A e LU214) censiti come ATTIVI. Per l’area LU214 (terreni Gavazzi) esiste un’ordinanza di bonifica emessa dalla Provincia di Lucca, a cui KME ha fatto ricorso, che il TAR ha parzialmente respinto. Dati i livelli di inquinanti riscontrati da Arpat nelle aree esterne allo stabilimento, si ritiene doveroso ai fini di una corretta e completa analisi delle ricadute degli inquinanti, provvedere a campionamenti analoghi almeno nell’area di 2 km2 individuata dal SIA. Si chiede quindi di acquisire dati certi sullo stato attuale dei suoli nella suddetta area in modo da poter valutare attentamente non solo il tasso di ricaduta al suolo degli inquinanti atmosferici, ma anche i tempi di permanenza nel terreno degli stessi, in modo da poter redigere una previsione accurata delle condizioni ambientali, con proiezione in avanti per un tempo non inferiore ai normali periodi di esercizio di impianti di queste dimensioni, (almeno 20 anni).
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Nel corso del 2017, l’azienda ha presentato un documento denominato “Rapporto di sostenibilità” nel quale vengono esaminati fattori di impatto ambientale mettendoli in relazione alle quantità di rame e leghe prodotte dall’azienda (ovvero “quantitativi per unità di prodotto”). Se applichiamo lo stesso metodo di calcolo allo scenario futuro (fonderie + pirogassificatore), prendendo come quantitativi i dati di progetto esposti dalle tabelle AIA ed utilizzando il regime produttivo atteso indicato dal progetto, ovvero 85.000 ton/anno, anche considerando le riduzioni attese a seguito degli interventi che l’azienda afferma di voler effettuare nelle fonderie, otteniamo i seguenti incrementi:
Produzione rifiuti solidi non pericolosi + 384%
Produzione rifiuti solidi pericolosi + 724%
CO2 emessa (diretta + indiretta) + 461%
NOx emessi + 701%
Polveri emesse + 231%
Diossine emesse + 16%
L’affermazione che il progetto presentato “comporta una forte riduzione delle emissioni complessive dello stabilimento metallurgico” è quindi infondata. Viene quindi disatteso l’art. 19 del Regolamento Urbanistico “le trasformazioni previste dal R.U. devono essere tali da non determinare l’aumento della pressione sulla qualità dell’aria … con particolare attenzione agli effetti cumulativi”