Come funziona un inceneritore (termovalorizzatore)

Inceneritore per rifiuti (o termovalorizzatore)

Un inceneritore (o termovalorizzatore) è un impianto industriale di incenerimento, tramite combustione, dei rifiuti.

E’ essenzialmente composto da un forno all’interno del quale vengono bruciati i rifiuti (CDR), a volte anche con l’ausilio di gas metano che serve ad innalzare la temperatura di combustione nel caso il CDR non abbia sufficienti caratteristiche di potere calorifico; il calore prodotto porta a vaporizzazione l’acqua in circolazione nella caldaia posta a valle, e il vapore così generato aziona una turbina che trasforma l’energia termica in energia elettrica.

L’inceneritore o termovalorizzatore è quindi un impianto che utilizza come combustibile i rifiuti (CDR), con due obiettivi: eliminarli e produrre energia con il calore prodotto dalla loro combustione.

Il termine “termovalorizzatore” però, spesso utilizzato, è in realtà inappropriato, oltre che fuorviante, per il semplice motivo che il rendimento della cosiddetta valorizzazione del rifiuto, e cioè la quantità energetica ricavabile dal processo di combustione dei rifiuti, è di molto inferiore al rendimento di qualsiasi centrale elettrica tradizionale, e perché l’intero processo di incenerimento (dalla raccolta allo smaltimento delle ceneri di scarto) consuma molta più energia di quanta ne occorrerebbe valorizzando il rifiuto con il riuso (raccolta differenziata, trattamento e riciclo).

E’ anche vero che pure il termine inceneritore potrebbe risultare “riduttivo”, poiché in effetti gli inceneritori o termovalorizzatori producono anche energia, ma le caratteristiche peculiari di un inceneritore restano la combustione, con conseguente rilascio in atmosfera di inquinanti sottilissimi e dannosi alla salute, e la produzione di ceneri di scarto che, è bene ricordarlo, rappresentano in peso il 30% del rifiuto in ingresso bruciato. Ciò significa che comunque, al termine del processo di incenerimento, i rifiuti in entrata vengono eliminati solo per il 70% del loro volume, creando quindi un ulteriore problema, quello dello smaltimento delle ceneri stesse.

Per quanto riguarda le emissioni inquinanti, questi impianti sono dotati di sistemi di controllo che dovrebbero garantirne un rilascio ridotto, anche se permangono dei dubbi sull’effettiva efficacia della misurazione di tale impatto, poiché le altissime temperature (anche superiori ai 1.000°) utilizzate nel processo di combustione producono nanoparticelle finissime che sfuggono al controllo.

In Italia inceneriscono circa 5,3 milioni di tonnellate di RSU/anno (guarda la mappa degli inceneritori in Italia).

Il numero degli impianti di incenerimento attivi in Italia per i rifiuti nel 2014 è pari a 42 unità, oltre al persistente fermo impianto, per diverse cause, di ulteriori tre. Questo quanto emerge dall’ultimo ‘Rapporto rifiuti’ dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Il 60% degli impianti operativi di incenerimento rifiuti e’ localizzato nel nord Italia, dove su 27 impianti, 3 sono in Lombardia e 8 in Emilia Romagna. Nelle regioni del centro ci sono 11 impianti: 6 in Toscana, 3 nel Lazio e uno rispettivamente nelle Marche e in Umbria. I restanti sette impianti sono localizzati in Puglia (1), Basilicata (2), Calabria (1), Sicilia (1) e Sardegna (2). Per quanto riguarda gli impianti non operativi, quello di Potenza e’ ancora in fase di collaudo, quello di Taranto risulta fermo per problemi di carattere tecnico-gestionale, mentre per l’impianto di Cà del Bue di Verona (fermo dal 2006) si e’ in attesa della pronuncia del Tar. Nel 2014, i rifiuti complessivamente inceneriti negli impianti per il trattamento dei rifiuti urbani ammontano a circa 5,3 milioni di tonnellate, di cui 3,2 di indifferenziati, 600 mila tonnellate di frazione secca da trattamento meccanico-biologico, 700 mila tonnellate di Cdr, 500 mila tonnellate di altri rifiuti speciali e 40 mila tonnellate di rifiuti sanitari.

In molti paesi, come l’Olanda, è in atto una politica che prevede la progressiva chiusura degli inceneritori, a favore di prevenzione e raccolta differenziata.

In altri, come Finlandia, Grecia e Irlanda, non esistono.

L’utilizzo degli inceneritori come pratica di smaltimento può essere criticata soprattutto per l’idea sbagliata che trasmette, e cioè che sia più semplice sbarazzarsi dei rifiuti bruciandoli anziché valorizzarli. In realtà, agendo sulla prevenzione, la riduzione dei consumi e dei rifiuti e la raccolta differenziata, è facile dimostrare non solo che l’intero processo di riciclo è assolutamente più rispettoso dell’ambiente e della salute, ma anche economicamente più conveniente.

Non bisogna infatti dimenticare che gli inceneritori godono di finanziamenti pubblici (Cip6) senza i quali, da un punto di vista economico e finanziario, non avrebbero le risorse per funzionare.

 

Gli inceneritori più diffusi in Italia ed in Europa sono “a griglie”.

FUNZIONAMENTO DI UN INCENERITORE

Il funzionamento di un inceneritore a griglie può essere suddiviso 6 fasi:

  1. Arrivo dei rifiuti

Provenienti dagli impianti di selezione del territorio (ma anche direttamente dalla raccolta del rifiuto indifferenziato), i rifiuti vengono stoccati in un’area dell’impianto dotata di sistemi di aspirazione, per evitare il disperdersi di cattivi odori. Mediante una gru, i rifiuti vengono depositati nel forno.

  2. Combustione

Il forno è solitamente dotato di una o più griglie mobili per permettere il continuo movimento dei rifiuti durante la combustione. Una corrente d’aria forzata viene inserita nel forno per apportare la necessaria quantità di ossigeno che permetta la migliore combustione, mantenendo così molto alta la temperatura (fino a 1000° C e più). Per mantenere tali temperature, qualora il potere calorifico del combustibile sia troppo basso, talvolta viene immesso del gas metano.

   3. Produzione del vapore

La forte emissione di calore prodotta dalla combustione di metano e rifiuti porta a vaporizzare l’acqua in circolazione nella caldaia posta a valle, per la produzione di vapore.

   4. Produzione di energia elettrica

Il vapore generato mette in movimento una turbina che, accoppiata ad un motoriduttore ed alternatore, trasforma l’energia termica in energia elettrica.

5. Estrazione delle ceneri

Le componenti dei rifiuti non combustibili (circa il 10% del volume totale ed il 30% in peso, rispetto al rifiuto in ingresso) vengono raccolte in una vasca piena d’acqua posta a valle dell’ultima griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono quindi estratte e smaltite in discariche speciali, mentre le polveri fini (circa il 4% del peso del rifiuto in ingresso) intercettate dai sistemi di filtrazione sono normalmente classificate come rifiuti speciali pericolosi. Entrambe vengono smaltite in discariche per rifiuti speciali; esistono esperienze di riuso delle ceneri pesanti: un esempio di riciclaggio di una parte delle scorie degli inceneritori è l’impianto BSB (Noceto), dove vengono trattate scorie provenienti dai termovalorizzatori per 30.000 tonnellate l’anno da cui si ricavano 25.000 tonnellate (pari all’83%) di materiale destinato alla produzione di calcestruzzo, 1.500 tonnellate (pari a 5%) di metalli ferrosi e 300 tonnellate (pari all’1%) di metalli non ferrosi di cui il 65% di alluminio. Il rimanente 11% non può essere recuperato ed è quindi destinato a discariche speciali.

6. Trattamento dei fumi

Dopo la combustione i fumi caldi passano in un sistema multi-stadio di filtraggio, per l’abbattimento del contenuto di agenti inquinanti sia chimici che solidi. Dopo il trattamento e il raffreddamento i fumi vengono rilasciati in atmosfera a circa 140° C.

Attualmente, nessun sistema di filtraggio oggi disponibile sul mercato è in grado di trattenere le particelle inquinanti (particolato) con diametro inferiore ai 2,5 nanometri: è questo il principale problema di qualunque inceneritore, ed allo stesso tempo la causa di un inquinamento “sconosciuto” (i misuratori di particelle inquinanti arrivano a misurare solo diametri superiori), che desta allarme presso i cittadini e la comunità scientifica.

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